Prosegue senza sosta la fabbrica dei risarcimenti di Pillon


L'ex senatore Simone Pillon ha messo in piedi una vera e propria fabbrica dei risarcimenti che potrebbe fruttargli ingenti quantitativi di soldi attraverso l'abuso della paura.
Insieme ad altri due ex senatori leghisti, è attraverso lo studio dell’avvocato Giorgio Virgili che l'ex senatore sta inondando l'Italia con lettere in cui chiede soldi per non denunciare gli asutori di commenti social che lui sostiene di ritenere offensivi. Per conto degli ex onorevoli Stefano Lucidi, Simone Pillon e Guglielmo Golinelli sarebbero partite oltre 600 richieste di risarcimento di vecchi post ritenuti offensivi per i quali chiedere risarcimenti da 6 a 20mila euro ciascuno. E dato che i termini sono ampliamente scaduti, asseriscono che loro non si fossero mai accorti di quei messaggi e che li avrebbero improvvisamente scoperti solamente ora.

E mentre i giornali raccolgono la testimonianza di persone che avrebbero accettato di pagare quelle somme e di foraggiare il conto in banca del leghista, alcuni avvocati mettono in dubbio la legittimità dell'operazione e invitano tutti a non pagare sino a quando la questione non finirà davanti ad un giudice. Infatti l'operazione di Pillon si basa principalmente sull'eludere il sistema giuridico e ottenere soldi senza passare dall'autorità giudiziaria, colpendo soprattutto le persone più fragili e impreparate che pagano perché spaventate dalla minaccia di conseguenze peggiori.

L’avvocato Virgili difende le richieste dei suoi assistiti come legittime e corrette, non starebbero “monetizzando la paura” ma contribuendo semmai a una battaglia di civiltà perché il web non resti un luogo in cui odio e ingiurie dilagano impuniti. Ma è quantomeno buffo lo dica a difesa di quell'ex senatore che si vanta di aver affossato il ddl Zan sostenendo che l'odio e i reati dettati dall'odio dovessero essere ritenuti "libertà di espressione".
E se persino gli avvocati di Fratelli d'Italia che difendono Tuiach per le sue ingiurie nei confronti della vittima di un pestaggio omofobo contano di poter trovare espedienti per evitargli la doverosa condanna, non si capisce perché Pillon non voglia affrontare i giudici e spiegare quale grave danno alla sua reputazione sostenga di aver ricevuto da messaggi di cui manco si era accorto per anni.

Intanto la fabbrica di Pillon prosegue a pieno regime. Le raccomandate sono scritte in serie e i post che hanno attratto dure critiche non mancano. Ad esempio, in molti hanno reagito male al messaggio del 27 ottobre 2021 in cui Pillon esultava per l’affossamento del ddl Zan irridendo le vittime con un "ciao ciao Zan", o quello del 6 ottobre 2021 in cui elogiava Golinelli si faceva immortalare a cinghiale ucciso.
Ai destinatari delle missive viene anche detto che è inutile cancellare o rimuovere i commenti, perché loro assicurano sia "stato associato un account di screening digitale Forense che permette di registrare gli utenti che apporranno modifiche ai commenti, ai post o proveranno a cancellarli. Ogni modifica/cancellazione verrà registrata e documentata nonché prodotta in giudizio".
Peccato che dal punto di vita legale quella asserzione sia alquanto singolare, dato che la mancata cancellazione e permanenza in rete aggrava l'eventuale danno reputazionale oggetto della richiesta risarcitoria. Non per nulla, la prima cosa che fa un giudice in questi casi è intimarne l’immediata rimozione, motivo per cui pare che Pillon voglia convincere le sue vittime di poter prova del ravvedimento.
1 commento