Pure quest'anno Nicola Porro ci rompe le scatole col presepe, ma pare non conoscere i Vangeli


Dopo aver insultato i virologi, urlando che lui avrebbe dedicato questo Natale ai no-vax che tanto si sono impegnati per mandare in terapia intensiva gli altri, Nicola Porro se n'è uscito con la solita polemica su come vorrebbe imporre i presepi.
In conformerà al linguaggio delle destre, sostiene che il presepe andrebbe "difeso" come Hitler diceva che andasse "difesa la razza" o Pillon dice che è solo infliggendo discriminazione e odio che lui "difenderebbe" i bambini:



Sostenendo che in nome della "tradizioni" dovremmo negare l'evoluzione, magari tornando a quei tempi in cui secondo tradizione un maschio era legittimato ad ammazzare sua moglie, scrivono:

La tradizione si fonda sul ripetersi di riti e simbologie. Senza il valore dei simboli non può esistere la tradizione e, senza di essa, viene meno la nostra identità. Elemento caratterizzante della nostra identità di italiani ed europei è il cristianesimo che ha nel Natale la sua principale ricorrenza. Attorno alla festività del Natale, oltre all’originaria simbologia sacra, si è sviluppata negli ultimi decenni una nuova simbologia profana fondata sul consumismo.

Peccato che il sostenere che l'Europa dovrebbe essere "cristiana" contraddica il principio sulla libertà di religione, anche se è vero che loro amano usare il loro dirsi opinabilmente "cristiano" come pretesto per giustificare il razzismo. E la polemica sul "consumismo" fa apparire quell'articolo come un tema di un bambino di terza elementare.

Sempre sostenendo che bisognerebbe imporre simboli confessionali, si lamentano che alcune persone preferiscano l'alberro usato per celebrare la festa del Sole che i cristiano cercarono di soppiantare con una festa religione imponendo il Natale proprio in quella data:

Un risvolto del Natale che è entrato a far parte delle nostre usanze ma che rischia di snaturare il vero senso della festività e soprattutto di cancellarne il significato cristiano. Simbolo per eccellenza del Natale è il presepe il cui fascino si trasmette immutato da secoli. La sua genesi risale al 1223 quando San Francesco d’Assisi, tornando dalla Terra Santa, mise in scena la natività nel paese di Greccio che gli ricordava Betlemme. Da quel momento il presepe è diventato un emblema imprescindibile del Natale. Eppure negli ultimi anni, complice la crescente secolarizzazione, il presepe è stato sempre più sostituito con altre forme di celebrazione o addirittura eliminato.

E se Porro può costruire tutti i presepi che vuole a casa sua, si inventa che qualcuno "vorrebbe "cancellarlo" prima di dire che sarebbe colpa di quei migranti che lui tanto odia:

Cancellare il presepe è un modo per ridefinire il senso stesso del Natale, non più una ricorrenza cristiana bensì una generica festività che deve perciò essere espunta da qualsiasi riferimento religioso. Un tentativo che si verifica con episodi di cronaca sempre più frequenti per cui la realizzazione del presepe e della natività non si svolge per “non urtare le altre religioni”.

Secondo copione, iniziano a dire che loro esigono l'imposizione dei simboli confessionali per i bambini e che Papa Benedetto XVI gli darebbe ragione. Eppure non pare abbia senso sostener che a rendere "cristiani" sia l'imposizione di presepi agli altri, magari mentre ci si batte perché i migranti siano abbandonati al mare.

Ma forse ogni ragionamento è vano davanti ad un Nicola Porro che ogni anno ha usato il presepe per creare polemiche gratuite, lamentandosi di chi abbia ricordato chi ci ha difeso dalla pandemia, dicendo che secondo lui Bergognlio non saprebbe fare i presepi o raccontando che i cattolici dovrebbe avere schifo di quello che fa un Vaticano che non piace ai secessionisti di estrema destra che vorrebbero una guida più incline a benedire gli etsremismi:







Tutto ciò ha un senso, dato che loro non parlando i veri cattolici. Come nella neolingua salviniana, quel termine ha valore identitario che serve a creare un "noi" da opporre ad un "loro " com'era prassi della propaganda nazista.
Ed è in tale logica che lui dice di sentirsi cristiano e che sarebbe a nome dei cristiani che di sentirebbe offeso dal Papa e da chi non la pensa come lui e Pillon:



In un blasfemo uso di Gesù a fini di propaganda, Porro tenta di usare la religione contro il diritto di opinione altrui. E come un Salvini qualunque, invoca presunte "radici cristane" per insultarla:

Da un po’ di tempo Michela Murgia si è scoperta teologa. Avrà pensato che occorreva rinverdire la sua immagine tutta e sola mediatica. Cosa meglio, avrà pensato, che prendersela col cattolicesimo che è sulla difensiva in tutto il mondo e che si può offendere tranquillamente senza tenere le spiacevoli conseguenze che potrebbero esserci con altre religioni?

Come un Pillon qualsiasi, dice che chi vive in un'Italia assai poco laica dovrebbe parlare contro gli islamici e non di ciò che influisce sulle decisioni del proprio governo. Ed ovviamente le opinioni vengono spacciate per attacchi, arrivando poi a scrivere:

Ed ecco allora l’assurda teoria che il cattolicesimo infantilizzerebbe il suo Dio solo perché in esso ritorna l’immagine “zuccherosa” di un bambino Gesù da amare e adorare. E via ad attaccare altre dottrine, come quella che la famiglia di Nazareth fosse modesta e che Gesù fosse nato in ambiente povero. C’era solo un overbooking negli alberghi (sic!).

In realtà a dirlo sono i Vangeli. I falegnami guadagnavano bene e Maria e Giuseppe vennero rifiutati perché non c'era posto, non perché non potevano pagare.
Fa dunque sorridere che ad accusare il Papa di "offendere" i cristiani siano personaggi che parrebbero non aver mai letto neppure le prime pagine dei Vangeli. Eppure il loro Corrado Ocone conclude sentenziando:

Crassa ignoranza di chi non conosce certe altezze della teologia cristiana e della filosofia medievale. E pavidità di ci si guarderebbe bene a fare considerazioni del genere sull’islamismo. Chi nega le proprie radici, è destinato a perire. E la Murgia pur di vendere il suo prodotto sceglie ancora una volta la via più facile.

Tralasciando l'assunzione finale che pare avere scopo meramente diffamatorio, Ocone pare ignorare che Giuseppe era falegname (Mt 13,55; Mc6,3) e che gli artigiani, nella mentalità ebraica, occupavano un posto di rilievo ed era quantomeno benestante. Ciò viene sottolineato anche nella genealogia di Gesù riportata in Mt 1,1-16; Lc 3,23-38, dove si sottolinea che Giuseppe aveva antenati molto importanti.
Anche Maria veniva da una famiglia benestante. Nei Vangeli apocrifi di Giacomo e Vangelo, si dice fosse figlia di Achar, della tribù di Levi e sorella di Esmeria, madre di santa Elisabetta e nonna del Battista. Giuseppe d'Arimatea era suo zio materno. Il suo matrimonio con Gioacchino, uomo virtuoso e "molto ricco" della tribù del Regno di Giuda e della stirpe di Davide.
Nel Vangelo si dice che non c'era più posto nell'albergo. Gli animali da cortile, essendo l'unica ricchezza delle famiglie, erano importanti e preziosi. Dunque, al calar del sole, venivano protetti in una grotta che era scavata dietro la casa o adiacente alla casa. Queste grotte fra di loro erano comunicanti, per permettere la fuga, in caso di aggressione, in un'altra casa. Tutti gli animali di queste famiglie erano conservati in queste grotte. Tutto ciò significa che il luogo in cui Gesù nacque non era un luogo freddo, ma un luogo chiuso e protetto in cui non avrebbero mai ospitato dei poveri che non erano in grado di pagare.
È impensabile ritenere che Maria e Giuseppe, prevedendo i giorni del parto, si sarebbero potuti mettere in viaggio senza avere nulla. Il fatto che siano andati in Egitto testimonia del fatto che potevano permettersi di andarci. Avevano i soldi necessari per andarci, per starci e per trovare lavoro.
Insomma, Gesù avrebbe incarnato i principi che Meloni e Salvini dovrebbero prevedere il rimpatrio di chi non è abbastanza povero da non potersi mettere in viaggio.
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