Porro non crede alle zone rosse oltre a non credere ai cambiamenti climatici


Quando non urla che i cambiamenti climatici non esisterebbero, Nicola Porro ama sostenere che la pandemia fosse una farsa. E così scrive:



Entusiasta perché nessun politico di destra rispanderà per i morti causati, soprattutto dopo che la sua Giorgia Meloni ha preteso fossero esclusi dalle inchieste parlamentari, Porro fa scrivere a tal Claudio Romiti:

Insieme a Fontana sono state archiviate le posizioni di altri 12 indagati, tra cui l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, l’ex capo del Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli, una serie di tecnici del Cts, tra cui Agostino Miozzo, Silvio Brusaferro e Claudio D’Amario. Quest’ultimi, tutti accusati di epidemia e omicidio colposo nella famosa inchiesta promossa dai pm di Bergamo.

Ribandendo il suo sostenere che la tutela della salute pubblica fosse un'inaccettabile imposizione a quei menefreghisti che se ne volevano fregare della pandemia, aggiunge pure:

La qual cosa, rianalizzando a posteriori il clima di terrore e di isteria collettiva che ha paralizzato il Paese per almeno due anni, dovrebbe spingere i cittadini italiani ad una approfondita riflessione. In sostanza, stando così le cose, anche una semplice deroga al demenziale coprifuoco che ci è stato imposto per molti mesi avrebbe potuto causare agli incauti ritardatari pesanti conseguenze penali.

Ma dato che Porro pare convinto che tutto vada usato per promuovere e servire la sua Meloni, scrivono che loro non vedono problemi in chi tardò nell'attivare una zona rossa che avrebbe contenuto l'epidemia:

A parte ciò, nella stessa sentenza i giudici infliggono un colpo micidiale alla reputazione scientifica di Andrea Crisanti, attuale senatore del Partito democratico e, durante tutta la pandemia di terrore, uno dei virologi più allarmisti presenti nel circo mediatico. Autore di una inverosimile consulenza per i pm di Bergamo, Crisanti stimò in 4.148 in morti in eccesso causati dalla tempestiva attivazione della zona rossa in Val Seriana, con una probabilità del 95%. Ebbene questa la conclusione del Tribunale dei ministri di Brescia: “Il Prof. Crisanti ha compiuto uno studio teorico ma non è stato in grado di rispondere circa il nesso di causa tra la mancata attivazione della zona rossa e la morte di persone determinate. La contestazione dell’omicidio colposo in relazione alla morte delle persone indicate in imputazione si basa quindi su una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro. È noto, infatti, che la possibilità di contrarre il virus tramite contatti con persone infette non è mai stata esclusa neppure all’interno delle zone rosse.”

Infatti la zona rossa avrebbe dovuto proteggere le zone attigue, ma Romiti pare voler sostenere che sarebbe che è scemo chi crede alla scienza:

Si tratta di una clamorosa sconfessione nei riguardi di un personaggio che, dall’alto delle sue supposte conoscenze superiori nel campo della virologia, ha più volte invocato misure sanitarie ancor più restrittive di quelle, le più dure in Occidente, che ci sono state imposte per un tempo quasi infinito. Per quel che mi riguarda, l’autorevole valutazione espressa dai giudici di Brescia non fa che confermare la mia idea sulla attendibilità di Crisanti, la quale non sembra poi tanto diversa rispetto a quella del famoso mago Otelma, anche se essi operano in settori distanti, almeno sulla carta, anni luce.

E se tale affermazione parrebbe rientrare nel reato di diffamazione aggravata (motivo per cui ci auguriamo che Claudio Romiti possa essere querelato), tutto fa pensare che la procura abbia scelto l'archiviazione per sorvolare sulle responsabilità.
Infatti l'archiviazione è detta dal fatto che le accuse non erano supportate da basi scientifiche e la competenza sulla zona rossa spettava in prima battuta al governo. Ma Andrea Crisanti osserva che nessuno aveva chiesto quei dati: «Confermo che la perizia non contiene nessuna base scientifica per provare l'ipotesi di reato di omicidio colposo per i 57 decessi, semplicemente perché queste evidenze non mi sono mai state chieste. Smentisco categoricamente che tra i quesiti posti dalla Procura ci fosse qualsiasi riferimento a valutare la possibilità che i 57 decessi fossero tra quelli che si sarebbero potuti evitare anticipando la zona rossa».

Quel che si sa è che la zona rossa funzionò a Lodi e in Veneto ma porro dubita avrebbe funzionato nella bergamasca.
Vuota è anche la sua polemica sulle restrizioni, quasi non ricordasse che Salvini voleva chiudere tutto e aprire tutto a settimane alterne. Inoltre resta il dato di fatto su come Fontana e Gallera, a capo di una regione, dichiararono di non essere a conoscenza del fatto che potevano istituite zone rosse.
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