Adinolfi insiste: lui esige che si affittino gli uteri delle donne


Le donne vanno pagate e lo stato deve affittare i loro uteri. Bisogna sfruttare le condizioni di povertà delle donne per costringerle a produrre figli, ma solo a patto che dimostrino di andare a letto con un uomo. È questo il sunto di un lungo e noioso post pubblicato da Adinolfi in cui l'estremista romano si lanci nelle sue solite odi all'Ungheria di Orban, proposto come fonte di ispirazione per chi condivide il suo stesso odio per le libertà personali e per i diritti civili :



Dopo una interminabile introduzione in cui sostiene che una donna valga tanto quanto il suo utero risulta produttivo, passa ad attaccare il ministro Rocella e urla che lui esige che si paghino le donne che producono prole:



Inizia poi a dire che lui vuole che il padre sia escluso dalla crescita dei figli, perché lui teorizza che la accudire la prole sia compito della femmina. E naturalmente si dice estasiato da un Orban che ha modificato la Costituzione per vietare le famiglie gay, inventandosi che in Italia dovremmo interpretare in chiave omofoba la Costituzione e introdurre distinguo che non esistono.
Dice anche che lui vuole dare 96.00 euro in otto anni (ossia 12mila euro annui, a cui andranno poi tolte le tasse) per le donne che producono bimbi. E se vorranno altri soldi, dovranno fare un altro figlio:



Il suo negare che il problema dell'Italia non siano i soldi ma la mancanza di fiducia nel futuro pare molto semplicistico. Ed è quasi comico mentre dice che la Roccella dovrebbe chiamarlo perché lui vuole scrivere leggi in stile ungherese:



Tutto il suo discorso parrebbe fondarsi su una ideologia chiara: lo scopo della femmina è quello di produrre prole e bisogna pagarla perché si senta costretta a farlo. Per lui la famiglia non si basa sugli affetti, ma su una constatazione di quale vantaggio economico possa derivare dai figli. E dato che l'omofobi resta il suo core-business, precisa che pagare gli uteri va bene purché si dica che ai gay va vietato avere figli.
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