L'evagelico Carollo diffama Luxuria: «Ha seri problemi mentali»

Forse pastore Luigi Carollo vuole essere ricordato come un feroce omofobo che ha dedicato la sua vita ad irridere Gesù e a predicare Vannacci. Se sino ad oggi non lo abbiamo mai sentito criticare la differenza di età fra Berlusconi e le sue mogli, tra Salini e la Verdino o tra Adinolfi e la sua seconda moglie. Ma contro Cercchi Paone e contro Luxuria, l'evangelico strilla istericamente che a lui non sta bene che possano frequentare chi vogliono.
Evidentemente intenzionato ad offendere, dice che il fidanzato di Luxuria "potrebbe essere sua figlia". Mica come la Fascina che sarebbe potuta benissimo esser la nipote di Berlusconi! E ovviamente dice che lui invita gli omofobia a dire che Luxuria avrebbe "seri problemi mentali". Un'affermazione per cui ci auguriamo che il signor Carollo possa essere denunciato, indagato, processato e condannato.



Se forse è Carollo an avare problemi irrisolti dato che la sua ossessione omofoba potrebbe essere d'interesse per qualche psichiatra, inaccettabile è come strilli istericamente che lui non vuole che l'amore fra persone lgbt possa essere ritenuto tale.
E mentre lui trascorre le sue giornate aa diffamare e insultare le famiglie altrui, sostiene di aver querelato quanto hanno osato criticare la sua gestione familiare a seguito degli scatti che lo videro usare la figlioletta per scrivere messaggi a sostegno dei crimini d'odio. Evidentemente il "pastore" non ha ben compreso cosa intendesse Gesù quando invitava a non fare agli altri ciò che non si vuole sia fatto a sé stessi.

Aizzari dal pastore evangelico a commettere reati penai di diffanazio, i seguaci del predicatore omofobo lanciano accuse diffamanti e insulti gratuti. Tutti rigorosamente elogiati dai 'mi piace" di Carollo:





Insieme al suo amichetto di Fiamma Tricolore, il pastore tenta persino di sostenere che chi non condivide le sue stesse pulsioni sessuali vada ritenuto "malato":



Poi riprendono gli insulti:



Il nostro augurio è che tutti loro possano finire in tribunale a rispondere delle loro parole.