Wikipedia sospende la sezione italiana per protestare contro la norma «ammazza-blog»


È un fatto senza precedenti, mai avvenuto prima d'ora in nessun altro Paese al mondo. Wikipedia, la nota enciclopedia in a cui tutti gli utenti possono contribuire, ha deciso di autosospendere la propria versione italiano. Il motivo? Una protesta contro il comma 29 del ddl intercettazioni, proposto dal Governo Berlusconi e già ribattezzato da tempo in «norma ammazza-blog». Nel testo dell'articolo, infatti, viene imposto a tutti i blog e siti siti italiani (quindi anche a Wikipedia) l'obbligo di rettifica entro 48 ore in seguito ad una qualsiasi richiesta da parte di persone che dichiarino di sentirsi diffamate da quanto scritto, indipendentemente dalla fondatezza o meno della richiesta.
Nel lungo messaggio, pubblicato da ieri sera al posto dei consueti lemmi enciclopedici, viene spiegato come «l'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi».
Dal canto suo l'enciclopedia si dice da sempre disponibile a mettere in discussione quanto riportato e ricorda come l'onore e l'immagine di ognuno siano già tutelati dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Immediata è stata anche la reazione e la protesta del popolo di Internet, al punto da spingere il governo a cercare di correre ai ripari e di mettere delle toppe alla proposta di legge.
In un'intervista rilasciata a L'Espresso, Stefano Rodotà -ex presidente dell'authority per la privacy- ha spiegato: «Non c'è dubbio che quella di Wikipedia sia una protesta motivata. Dietro questo Ddl ci sono due elementi principali: aggressività e ignoranza. Chi ha scritto l'articolo dedicato ai siti informatici non ha chiaramente idea di cosa stia parlando. Prevedere quelle modalità di rettifica, quei tempi e quelle sanzioni significa ignorare del tutto come funzioni la rete».

Update: la protesta di Wikipedia (e la scia mediatica che ne è seguita) ha portato ad un primo risultato concreto: il governo ha infatti deciso di modificare la norma e di prevedere l'obbligo di rettifica e la relativa sanzione unicamente per le testate online registrate. Ora, però, bisognerà capire se anche in questo caso si avrà la possibilità di chiedere la rettifica (da pubblicarsi con uguale visibilità rispetto all'articolo contestato) indipendentemente dalla fondatezza o meno della richiesta.
Al momento rimangono comunque in vigore i punti che riguardano il divieto di pubblicazione delle intercettazioni fino alla cosiddetta udienza filtro ed è ricomparsa l'ipotesi del carcere per i giornalisti che pubblicano intercettazioni o fatti deducibili da esse (in altre parole, se la norma fosse in vigore ad oggi non sapremo nulla ad esempio di tutti gli scandali che hanno visto coinvolto il premier o di chi rideva nel letto durante il terremoto all'Aquila).
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