Si dimetterà


L'area di crisi si respirava già da qualche giorno. Dopo il voto di ieri che ha evidenziato come la maggioranza non sia più tale alla Camera, Berlusconi si è recato al Colle negando ancora una volta di voler fare un passo indietro. Ma poi, dopo i 45 minuti di colloquio con Giorgio Napolitano, annuncia: «Mi dimetto una volta approvata legge di stabilità».
Poi il consueto tour mediatico in varie trasmissioni televisive per lanciare accuse verso quelli che lui considera "tradizioni" e per promuovere Alfano come suo possibile successore (si, proprio quello che in piena crisi passava il tempo su Facebook chiedendo agli amici di aiutarlo a comporre una playlist musicale). Curiosa anche un'affermazione rilasciata al GR1 in cui il premier ha dichiarato: «Ho anteposto gli interessi del Paese ai miei interessi» (nel senso che ha ammesso di avere interessi personali nell'occupare quel posto?).
Comunque sia, ora la situazione è questa: lui non si è dimesso (si dimetterà, dice), guiderà senza maggioranza l'iter del maxi-emendamento per la sistemazione dei conti pubblici (ancora non si sa bene che cosa conterrà, dopo la bocciatura della Ue della sua lettera di intenti presentata al G20) e sarà Napolitano a decidere come procedere una volta compiuto il fatidico "passo indietro" (il cavaliere spinge verso le elezioni anticipate -forse anche per evitare le primarie internet al Pdl- ma il Colle si riserva di decidere dopo un giro di consultazioni).
Dubbi sull'aver rimandato le dimissioni sono stati espressi dal mercato finanziario e dalle opposizioni. Belisario afferma: «Le dimissioni non si annunciano, si danno». Di Pietro rilancia: «L'epilogo annunciato da Berlusconi preoccupa e non poco. Egli sostiene che prima di dimettersi vuole farsi approvare la legge di stabilità, contenente quelle misure da macelleria sociale che abbiamo sempre contestato, e lo vuol fare in pratica da dimissionario, quindi con le mani libere». Dello stesso parere è anche Dario Fo: «Penso che le dimissioni annunciate da Berlusconi siano una trappola perché condiziona l'abbandono della sua carica all'approvazione di una legge di stabilità da parte di tutti i partiti senza che nessuno l'abbia né vista né tantomeno discussa».
E, proprio a riguardo all'incertezza dei contenuti che si andranno a votare, anche su Internet le perplessità non mancano: da Polisblog al Fatto Quotidiano ci si domanda se dietro al rinvio delle dimissioni e il voler tenere in vita ancora un po' questo governo non possa esserci un qualche altro interesse o, magari, la volontà di inserire una qualche norma che possa condizionare anche l'operato dei governi futuri.
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