Gli psicologi contro l'Agesci: il coming out dei capi è educativo per i ragazzi


L'Agesci (l'Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) è finita nell'occhio del ciclone dopo al pubblicazione degli atti di un convegno sull'omosessualità, nel quale i relatori proponevano di vietare il coming out ai capi e suggerivano di coinvolgere uno psicologo se davanti ad un ragazzo gay.
Alle numerose critiche, oggi si aggiunge anche una voce autorevole come quella dell'ordine lombardo degli psicologi. A loro parere, infatti, il coming out dei capi sarebbe addirittura auspicabile, in quanto «insegna ai ragazzi eterosessuali la legittimità ad essere lesbica o gay, prevenendo forme di omofobia e bullismo omofobo».
Riguardo ad alcune frasi in cui si arrivava quasi a paragonare l'omosessualità ad una malattia, l'ordine fa sapere che «Condanniamo ogni tentativo di patologizzare l'omosessualità, che l'Organizzazione mondiale della sanità definisce una "variante naturale del comportamento umano". Il consiglio di riferirsi allo psicologo per il semplice fatto che un ragazzo scout si dichiari omosessuale significa dare per scontato che il ragazzo o la famiglia non abbiano le risorse per gestire un orientamento sessuale non maggioritario visto come problematico in sé [...] La sottolineatura da parte dei relatori della necessità di prudenza si pone in contrasto con gli orientamenti teorici e clinici più recenti che vedono nella visibilità in ambito familiare, lavorativo ma anche educativo delle persone omosessuali un fattore di protezione da problemi psicologici e una condizione di benessere, sia personale che comunitario»
Nell'occasione è stato espressa anche la propria contrarietà a qualsivoglia "terapia riparativa", in quanto il punto di partenza dovrebbe necessariamente essere il considerare l'omosessualità una patologia da curare. A tal proposito esiste anche una delibera regionale del 2010, nella quale viene stabilito chiaramente che «qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l'eterosessualità o verso l'omosessualità è contraria alla deontologia professionale e al rispetto dei diritti dei pazienti». Il rischio, infatti sarebbe quello di forzare i pazienti verso una repressione del proprio orientamento sessuale anziché fornirgli un aiuto nell'analizzarne i fattori che lo determinano e favorire la piena accettazione di sé stessi.
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