Quando Calderoli denunciò chi gli diede del gay


«Fa bene a fare il ministro, ma forse lo dovrebbe fare nel suo Paese. È anche lei a far sognare l'America a tanti clandestini che arrivano qui [...] Quando la vedo non posso non pensare a un orango». Così il leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ha parlato del ministro Cecile Kyenge in occasione di una festa del suo partito.
Scoppiata la polemica, ha aggiunto «Ma dai, è stata una battuta, una battuta nei termini della simpatia». e ha precisato: «Vedo le persone come animali, ma non mi dimetto». Nel frattempo, dal Veneto, è giunto anche un commento divertito di un altro leghista, Daniele Stival, che su Facebook ha scritto: «Siamo profondamente sdegnati per i termini offensivi utilizzati da Calderoli nei confronti di una creatura di Dio quale è l'Orango. Riteniamo vergognoso che si possa paragonare un povero animale indifeso e senza scorta a un ministro congolese». Passano pochi minuti e il commento viene fatto sparire.
Se l'Italia non può che sentirsi umiliata da una classe politica che ostenta il proprio razzismo e la propria ignoranza, è curioso notare come nella mente di Calderoli debba esserci una gran confusione. Se una frase razzista è da ritenersi «una battuta simpatica», allora c'è da chiedersi perché nel settembre del 2011, quando su Internet venne pubblicata una lista di dieci politici accusati di essere omofbi ma segretamente gay, Calderoli andò su tutte le furie denunciò gli autori sentendosi diffamato?
L'ipotesi di un orientamento sessuale perfettamente normale è da ritenersi un'offesa (fermo restando che probabilmente ben pochi gay si augurano sia vera, non volendo certo vantare il suo nome fra le proprie fila, ndr) e un'insulto razzista è simpatico? Com'è possibile che in Senato ci sia posto per chi appare incapace di dare il giusto perso alle parole e che pretende di giudicare il mondo sulla base dei propri pregiudizi personali?
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