La legge contro l'omofobia arriva alla Camera


Ieri sera, in una Camera semi-deserta, ha avuto inizio il dibattito parlamentare sulla legge contro l'omofobia (che vedrà il voto finale probabilmente a settembre, alla ripresa dei lavori). Già durante la sua presentazione, i relatori Leone e Scalfarotto non hanno omesso di sottolineare come il testo sia stato limato per risultare più digeribile a tutti gli schieramenti. Leone (Pdl) si è fatto garante del fatto che non vi sarà alcuna introduzione di un «reato d'opinione» ed ha precisato che sarà lui il primo a manifestare la propria contrarietà ai matrimoni gay dopo un'eventuale approvazione della norma. Scalfarotto (Pd) ha preferito raccontare la storia di Matthew Shepard e di rapportarla a quella del 15enne suicidatosi a Roma: negli Stati Uniti è stata fatta una legge per impedire che simili episodi potessero ripetersi, in Italia si è rimasti a guardare.
Sul fronte degli interventi, la posizione appare ben precisa all'interno dei singoli schieramenti. Il M5S denuncia una norma svuotata dal suo intento originale che rischia di non aver effetti tangibili. In particolar modo si contesta l'eliminazione delle pene accessorie (che avrebbe portato i condannati a poter scontare la propria pena prestando servizio in associazioni lgbt) e la sostituzione dei termini "orientamento sessuale" ed "identità di genere" con "omofobia" e "trasofobia" (escludendo così i bisessuali e quanti hanno deciso di non cambiare sesso pur avendo un'identità di genere che non corrisponde a quella fisica).
Pd e Sel hanno manifestato appoggio al disegno di legge, seppure con sensibilità diverse a seconda dei deputati. C'è chi ritiene che il testo presentato sia ottimale, chi parla di un compromesso che può essere considerato un primo passo verso una battaglia più efficace alle discriminazioni.

La Lega Nord, invece, ha parlato di legge liberticida e si è lanciata anche in un curioso excursus per sostenere che le discriminazioni si basano su delle scelte e quindi c'è il rischio che le scelte vengano considerate discriminazione. Dello stesso avviso sono anche Pdl e Scelta Civica, entrambi pronti a dirsi preoccupati del fatto che la norma possa portare all'approvazione delle nozze gay (non in discussione in quella sede) e che alcuni gruppi che si battono contro il riconoscimento delle famiglie omosessuali possano essere multati o sciolti. Da entrambi i banchi sono giunte accuse di voler limitare la libertà di opinione e si sono chieste rassicurazioni sul fatto che agli insegnanti cattolici varrà consentito di poter continuare ad insegnare ai bambini che il matrimonio fra uomo e donna è l'unico accettabile ed utile alla società.
L'altro pensiero trasversale ai banchi del centro-destra è il ritenere che le leggi attuali già tutelino a sufficienza i gay (c'è anche chi ha sottolineato come la comunità lgbt italiana viva in condizioni ben migliori rispetto a quella dei Paesi in cui l'omosessualità è punita con il carcere o con la pena capitale, ndr) e che non vi è alcuna urgenza nell'approvazione di una norma che potrebbe portare a discriminazioni verso i cittadini che non sono tutelati dalla Legge Mancino.
Da riportare, infine, un lucido commento del Sel riguardo alla modalità con cui alcuni giornali cattolici hanno cercato di diffondere disinformazione. Secondo la deputata, infatti, la Chiesa potrebbe nutrire un certo timore nel vedere i reati omofonici assimilati a quelli basati sull'etnia: se quest'ultima è universalmente riconosciuta come naturale, i vari porporati avrebbero minor possibilità di far passare nell'opinione pubblica una falsa idea dell'omosessualità come di un qualcosa di innaturale e disordinato. Insomma, l'assenza di norme specifiche (quasi come se l'omosessualità fosse un tabù) finirebbe per fare il loro gioco

Proprio a tal proposito non si è fatta attendere la presa di posizione dei vescovi, affidata alle pagine di Avvenire. Il quotidiano ha bollato il tutto come «una seduta straordinaria ingiustificata per un provvedimento non certo urgente come quelli di cui si sta occupando la Camera in questi giorni». Nell'articolo ci si è anche affrettati a riportare le dichiarazioni di Paola Binetti (pronta a parlare di «un dibattito clandestino») e di Eugenia Roccella (che ha tuonato come questa sia «La conferma che si vuole far passare la legge sotto silenzio, consapevoli che un dibattito vero ne farebbe emergere davanti al Paese gli aspetti inaccettabili per l'opinione pubblica»). Ed è proprio su questa base (ignorando volutamente ogni parere opposto) che Avvenire sentenzia che questa sia «una strategia finalizzata a mettere il Paese davanti al fatto compiuto. In due parole: un colpo di mano».
Se si raffronta lo spazio dato alle posizioni cattoliche rispetto a quello concesso alle associazioni lgbt, siamo così sicuri che l'orario della seduta sia la discriminate che non permette di parlare ai cittadini (quasi fossero tutti lì a seguire in diretta le sedute della Camera, ndr). Sicuramente è imbarazzante che molti deputati abbiano preferito andarsene a casa al posto di fare qualche ora di straordinario, ma alla fine le motivazioni contro la norma paiono chiare: c'è chi non vuole una legge che gli impedisca di poter continuare a discriminare i gay e chi sostiene che il concedere dei diritti sociali possa portare in futuro anche al riconoscimento degli affetti (insomma, meglio non concedere nulla in modo che la distanza da concessioni maggiori risulti sempre troppo grande per poter essere colmata). E questo sarebbe un colpo di mano?
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