Gay uzbeko catturato dai russi e violentato dalla sua stessa comunità


L'orrore pare non avere fine nella Russia di Putin. Ancora una volta è attraverso i social network che ci giungono le immagini di nuove violenze perpetrate dagli ultranazionalisti di Occupy Pedophilyaj, questa volta nella città di Novosibirsk.
I fatti risalgono all'11 settembre scorso, quando un gay di origine uzbeke è caduto nella trappola del gruppo che, come sua prassi, l'ha adescato attraverso Internet e gli ha dato un appuntamento. Una volta presentatosi nel luogo stabilito, ad attenderlo ha trovato i suoi carnefici. La novità. però, è che i militanti di estrema destra non si sono presentati come loro consuetudine, ma hanno preferito delegato l'aggressione ad alcuni componenti della comunità uzbeka locale.
Le immagini testimoniano come il ragazzo sia stato costretto a spogliarsi e di come i suoi abiti siano stati bruciati davanti ai suoi occhi. Con una pistola puntata alla testa è stato obbligato a presentarsi e a dichiararsi gay poi -in lacrime e in preda alla disperazione- è stato forzato a sodomizzarsi con una bottiglia, ripetutamente presa a bastonate dai suoi carnefici. Solo quando il vetro si è rotto, il giovane è riuscito a liberarsi e a scappare.
Quanto accadeva è stato mostrato in diretta via WhatsApp ad altri uzbeki, tutti pronti ad istigare gli aggressori ad ulteriori violenze. Poi il tutto è finito anche sull'immancabile Vk.com (il principale social network russo), già palcoscenico di altre violenze ai danni della comunità gay russa.
Un'agenzia di stampa è riuscita a rintracciare uno degli aggressori che, senza alcun pudore, ha dichiarato: «Lo abbiamo fatto sedere su una bottiglia perché si pentisse dei suoi peccati. Lo abbiamo fatto per tutelare la dignità degli uzbeki. Viviamo e lavoriamo qui ed altrimenti non ci sarà alcun rispetto per noi».
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