Legge contro l’omofobia, il voto a Montecitorio


A poco sono servite le trattative e i rinvii di ieri: l'accordo di maggioranza sulla proposta di legge contro l'omofobia e la transofobia non c'è stato e la decisione è stata rimandata alla seduta odierna dell'Aula, convocata alle 11.
Durante il dibattito il Pdl ha continuato ad insistere che l'inserimento dei reati d'odio contro orientamento sessuale ed identità di genere nella legge Mancino (che dal 1975 tutela contro il razzismo ed altre forme di discriminazioni, senza che nessuno abbia mai messo in dubbio la sua costituzionalità) possano configurare un reato d'opinione.
«Se qualcuno picchia una persona di colore c'è l'aggravante, se qualcuno picchia un omosessuale non c'è. Per noi è un'ingiustizia irricevibile» ha tuonato il Pd, ottenendo l'appoggio del M5S. «Se il Partito Democratico in questo difficile momento ha bisogno di sostegno, noi ci siamo», ha affermato in aula la deputata Giulia Di Vita.
Dopo l'intervento di Brunetta volto a sostenere che «i nostri sforzi per raggiungere l'accordo sono stati vanificati dall'atteggiamento del Pd per arrivare a una legge di bandiera» attraverso l'inserimento di un'aggravante, Rocella (Pdl) ha chiesto di rivedere l'intera norma: «Torniamo alla legge Brunetta e Carfagna che non ha nessuna di queste controindicazioni».
«Sui diritti civili non c'è mediazione che tenga e l'omofobia non è oggetto di maggioranza di governo -è stata la posizione di Marco Di Lello, presidente dei deputati socialisti -o c'è l'aggravante o i socialisti non voteranno il testo».
E se la Camera ha bocciato la richiesta pervenuta da Lega, Fdi e di alcuni deputati Pdl per la soppressione del primo e unico articolo della proposta di legge (il voto ha registrato 395 no, 73 sì e 39 atenuti), Laura Boldrini ha accolto la richiesta della Lega Nord per il voto segreto (un po' come venne proposto in Uganda quando il governo aveva timore di esprimersi a favore della pena capitale per i gay: se nessuno avesse saputo i nomi di chi si era espresso a favore o contro, nessuno avrebbe dovuto risponderne).
Dopo l'interruzione per il pranzo, alle 15 la discussione è ripresa ma le posizioni non sono certo cambiate. Il Pd, Sel e M5S sono rimasti fermi nel chiedere la piena estendere delle aggravanti già previste dalla legge Mancino anche ai reati d'odio omofobico, mentre il Pdl e Lega si è ostinano a sostenere che una simile soluzione instaurerebbe un reato d'opinione se nelle legge non si indicherà espressamente che saranno punibili solo i casi di «chiara e manifesta istigazione alla violenza».
È curioso notare anche quali siano i termini spesso scelti dai deputati, come Alessandro Pagano (Pdl) pronto a parlare di «posizione omosessuale» e di «normalità sessuale». Non mancano i riferimenti ad una presunta esistenza di una potentissima "lobby omosessuale" (così potente che l'Italia è il fanalino di coda nei diritti lgbt, ndr) e agli slogan più cari al mondo cattolico (come «legge liberticida» e «propaganda delle idee omosessuali»).
Ed è proprio il mondo cattolico ad essere stato chiamato in causa da Paola Binetti, pronta a segnalare un «bellissimo articolo» pubblicato oggi da Avvenire, «nel quale si dimostra con numeri e cifre che gli italiani non sono un popolo omofobo. Gli italiani sono un popolo».
Anche Marco Rondini, deputato della Lega Nord, ha scelto di sostenete le'sistenza di una qualche lobby: «Il momento di crisi che l'intero Paese sta attraversando avrebbe dovuto imporre altre priorità all'attenzione dell'Aula -ha dichiarato- Invece questo governo agevola un'iniziativa parlamentare che asseconda le richieste di qualche lobby, ma non la necessità dei cittadini comuni».
Dopo l'annuncio del voto finale, Massimiliano Fedriga (Lega) ha ricordato al presidente che i capigruppo avevano previsto la chiusura della seduta entro le 20 e, sostenendo che un'ora non sarebbe stata sufficiente per le dichiarazioni di voto, ha chiesto che il voto fosse rimandato ad una nuova seduta. Da notare è che il partito ha utilizzato tutto il tempo a sua disposizione (richiedendo un extra per la dichiarazione di voto).

Passa la norma "salva associazioni". Con 256 voti favorevoli e 228 contrari, la Camera ha approvato nel pomeriggio l'emendamento ribattezzato "salva associazioni" (denunciato in mattinata dal M5S) che esenta dalle sanzioni previste «le organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni». In altre parole, le opinioni espresse da tali gruppi non costituiranno discriminazione o istigazione alla discriminazione. A beneficiarne saranno partiti come Forza Nuova o associazioni come MilitiaChristi.
Arcigay ha già definito «irricevibile» tale norma, perché «definisce persone, ruoli e luoghi di immunità rispetto a quella norma. Un'eventualità gravissima che tiene espressamente vivo il principio della discriminazione, esponendo tra l'altro la scuola e i luoghi della formazione a questa sciagura. Anziché cogliere l'occasione di proiettare l'Italia verso un modello europeo, questa legge rischia di certificare l'arretratezza di questo Paese, istituzionalizza la discriminazione e l'infamia ed elegge zone franche in cui l'odio può essere coltivato».

Voto finale. A favore si sono pronunciati i socialisti (pur definendola una legge non ottimale ma pur sempre un passo avanti), Scelta Civica (che si è detta soddisfatta «dell'equilibro raggiunto» grazie al loro subemendamento salva associazioni; ricordando di aver accettato l'introduzione delle aggravanti proprio sulla base di un ben preciso accordo politico finalizzato a quella clausola), Pd (che parla di «sì meditato e convinto», rimandando «la limatura di quell'emendamento che fa discutere» al Senato).
Si sono detti contrari la Lega (pronta a bollare la norma come «una legge discriminatorie, subdola e non chiara di cui non si sentiva l'esigenza in questi tempi»), il Pdl (che, dopo aver rigettato le accuse di omofobia sulla base della legge Brunetta-Carfagna presentata nella scorsa legislatura, ha sostenuto che la norma proposto da Scalfarotto fosse troppo radicale e che la loro disponibilità era limitata solo ad un compromesso che escludesse ogni possibile aggravante).
Sel (che ha ricordato come l'insulto non sia liberà d'espressione e che non avremmo avuto i diritti odierni se la tradizione avesse sempre avuto la meglio) ha annunciato l'astensione per chiedere di migliorare la legge in Senato dopo l'approvazione norma salva-associazioni, definita un «emendamento inutile e dannoso». Ha preannunciato l'astensione anche il Movimento 5 Stelle, pronto a sostenere la necessità dell'estensione incondizionata delle legge Mancino senza subdoli cavilli, chiedendosi perché mai si sia scelto di puntare al ribasso per tentare un accordo con il Pdl (solo la presenza dell'aggravante li ha portato ad astenersi e non a votare contro). Al termine dell'intervento, i parlamentari grillini hanno esposto cartelli a favore dell'amore gay e si sono scambiati un bacio collettivo.
Giancarlo Galan (Pdl) ha chiesto la parola per esprimere il suo dissenso personale dal gruppo, sostenendo che «potevamo scrivere una pagina migliore dal punto di vista legislativo» e che non «si può dire di no ad una legittima richiesta che giunge da tantissimi settori dell'opinione pubblica».
Anche buttiglione ha preso la parola a titolo personale, per dirsi convinto che «l'omosessualità sia immorale» ma che voterà a favore dato che questa non non gli impedirà di poter continuare a dirlo.

Con 228 voti a favore e 57 contrari la Camera ha approvato la norma.
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