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Spunta la teoria negazionista su Matthew Shepard: ad ucciderlo sarebbe stato l'amante bisessuale

Tutti noi conosciamo la storia di Matthew Shepard, il 22enne che nella notte del 7 ottobre 1998 venne derubato ed ucciso perché gay. Il suo corpo è stato ritrovato solo 18 ore più tardi da un ciclista di passaggio: il cranio era stato fratturato, parte del cervello era stata compromessa sino ad impedire il corretto battito cardiaco e l'intero volto risultava coperto di sangue, ad eccezione di dove era stato lavato dalle sue lacrime.
I suoi genitori decisero di non vergognarsi dell'omosessualità del figlio e denunciarono pubblicamente l'accaduto: l'intero popolo statunitense rimase indignato e il mondo mediatico si trovò a puntare i riflettori si episodi che troppo spesso finivano con l'essere taciuti e nascosti. La sua morte ha così dato vita al processo che ha condotto a maggiori tutele e protezioni per la comunità gay e non è un caso se la legge anti-omofobia statunitense sia stata intitolata proprio alla sua memoria.
Il 1° ottobre prossimo, però, uscirà nelle librerie statunitensi un libro volto a sostenere la tesi negazionista secondo cui l'omicidio non sarebbe stato un crimine d'odio ma sarebbe stato commesso nell'ambiente da parte di un presunto amante bisessuale. Questo, perlomeno, è quanto sostiene Stephen Jimenez nel suo "The Book of Matt: Hidden Truths About the Murder of Matthew Shepard".
Il giornalista sostiene di aver trovato alcune lettere anonime che testimonierebbero come Aaron McKinney (uno dei due assassini) fosse bisessuale e avesse familiarità con vari bar gay, motivo per cui la tesi sostenuta dalla difesa -che durante il processo dichiarò che McKinney venne preso dal panico nell'apprendere che Matthew era gay- non sarebbe da ritenersi plausibile. Anzi, in più occasioni l'opera sostiene che Shepard e McKinney fossero soliti fare uso di metanfetamina e che sotto l'effetto di droghe avrebbero avuto più volte consumato dei rapporti sessuali fra di loro. È base a queste ricostruzioni che l'opera sostiene che uno dei suoi due due assassini non sarebbe stato altro che il suo amante bisessuale e l'omicidio sarebbe stato causato dal suo coinvolgimento in un giro di malavita e di droga più che dal suo essere gay.
Davanti a simili insinuazioni, la risposta della Matthew Shepard Foundation non si è fetta attendere: «Si tenta di riscrivere la storia di un crimine d'odio basandosi su fonti non attendibili, voci ed insinuazioni piuttosto che sulle prove raccolte dalla polizia e sulle dichiarazioni rilasciante in tribunale dagli stessi imputati. Noi non rispondiamo ad insinuazioni, voci o teorie del complotto -hanno dichiarato- il nostro impegno è quello di onorare la memoria di Matthew e ci rifiutiamo di farci intimidire da coloro chi cerca di offuscare la sua figura».


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