Dasha Shtern, vittima delle leggi russe sulla propaganda omosessuale


Dasha Shtern aveva solo 22 quando, mercoledì scorso, ha deciso di togliersi la vita. Transessuale nata uomo e divenuto donna, era stata cacciata di casa dai suoi genitori. Eppure, nonostante quel rifiuto, ce l'aveva fatta a rialzarsi: ora viveva con alcuni amici, aveva trovato un lavoro che le piaceva, aveva acquistato la sua prima automobile ed era riuscita anche ad accendere un mutuo per poter avere finalmente avere un appartamento tutto suo.
Due settimane fa, però, tutto è cambiato. Dipendente statale ad Ekaterinburg, nella Russia centrale, ha perso il lavoro perché i suoi capi hanno iniziato a temere che la sua presenza in ufficio potesse rappresentare un problema per loro: si temeva, infatti, il suo essere transessuale potesse risultare in contrastare con la legge contro la propaganda omosessuale vota da Putin. E così Dasha si è improvvisamente ritrovata disoccupata e non ha più potuto pagare le rate dell'automobile né il mutuo che le avrebbe dato la piena indipendenza.
Per la seconda volta la sua vita, così come lei la conosceva, aveva avuto fine. Questa volta, però, non ha trovato la forza di reagire e d ha scelto di togliersi la vita.
«Vladimir Putin ha creato un sistema in cui non c'è posto per le persone trans -ha dichiarato attivista per i diritti trans, Masha Best- non c'è posto per le persone che sono diverse. Dasha è una vittima delle leggi di Putin e lei è una vittima della indifferenza nella società russa».
Lo scorso sabato alcuni attivisti hanno manifestato in sua memoria presso la Piazza Rossa di Mosca, reggendo candele accese e lanciando petali di rosa. Un cartello riportava la scritta: «Uccisa dall'indifferenza, uccisa dalla Russia. Fermiamo l'uccisione dei transessuali».
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