Libero affianca Anna Maria Franzoni alla storia della bimba affidata ad una coppia gay


La notizia della bambina data in affido ad una coppia gay continua a tener banco su giornali e telegiornali. Era facile immaginare che gli omofobi si sarebbero presto scatenati nel manifestare tutto il proprio pregiudizio, ma il quotidiano Libero pare essersi superato.
L'articolo parla di «indignazione», sostenendo che la piccola sia «un'arma della lotta che la confraternita gay sta combattendo», «un trofeo da esibire dinnanzi ai palazzi della politica», spingendosi sino ad asserire che i giudici hanno emesso la loro sentenza con l'unico scopo di «non trovare una famiglia alla bimba ma di trovare una bimba alla famiglia gay». Insomma, l'impressione è che i giornalisti di Libero vogliano far finta di non capire che l'unica "vittoria" è nel fatto che i giudici non si sono lasciati condizionare dall'orientamento sessuale dei candidati nel valutare la loro idoneità. Già, perché quello che volutamente non si dice è che i due conoscono già la piccola (a cui sono legati da un profondo affetto) e che l'alternativa sarebbe stata di affidarla a due perfetti sconosciuti.
Non passa inosservata anche la scelta editoriale di includere nell'articolo un trafiletto che riguarda Anna Maria Franzoni, probabilmente nella speranza che la madre di Cogne possa portare i lettori ad uno stato di indignazione nel valutare anche l'altra storia. Già, perché così come insegna la Russia, l'omofobia va coltivata e diffusa attraverso frasi populiste e la completa strumentalizzazione dei fatti: non è un caso, dunque, se chi contesta la decisione dimostra di non saper guardare oltre all'orientamento sessuale dei protagonisti, dato che è solo quello ad essere finito sui giornali senza che nessuno si preoccupasse di capire perché i giudici li abbiano scelti o perché i genitori biologici della bambina si siano detti favorevoli alla decisione (evidentemente nel suo interesse e per il suo bene).
Ma si sa, pur di gratificare il Vaticano e una certa parte politica, vale la pena utilizzare una bimba di tre anni per chiedere che venga rapita dai suoi affetti ed affidata a dei perfetti sconosciuti in grado di rappresentare l'italica eterosessualità. Dicendo poi ai propri elettori chi sono i "buoni" (loro) e "cattivi" (i gay) al fine si sentenziare quale sia il bene di una bambina di cui neppure si conosce il caso, ma nella certezza che tutti abbiano sbagliato le proprie valutazioni se contrarie ai propri pregiudizi...
3 commenti