I vescovi dichiarano guerra all'Unar


Dopo il duro attacco del cardinale Angelo Bagnasco, il mondo cattolico ha fatto quadrato per tentare di impedire che il materiale anti-discriminazione prodotto dall'Unar potesse finire fra i banchi di scuola. Un appello prontamente raccolto dai senatori Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Luigi Compagna, Federica Chiavaroli e Laura Bianconi, firmatari di un'interpellanza al Presidente del Consiglio per tentare di impedire la distribuzione del materiale didattico destinati agli insegnanti delle scuole pubbliche.
Ma ora è dalle pagine di Avvenire che giunge un nuovo attacco, affidato ad un articolo intitolato «Dall'Unar 250mila euro a realtà gay» che pare finalizzato a mettere in moto l'ormai abusata macchina del fango nei confronti dell'operato dell'ente.
Il riferimento alla cifra appare già di per sé strumentale, cercando di creare scandalo a fronte un investimento che appare esiguo come somma di tutte le azioni intraprese a livello nazionale per combattere l'omofobia. Giusto per fare un confronto, la spesa stimata per gli insegnanti di religione (scelti direttamente dalla curia) si aggira intorno ai 1,25 miliardi di euro all'anno, mentre il giornale dei vescovi italiani ha incassato ben 4.355.324 di euro di contributi pubblici all'editoria nel solo 2012.
Ma tornando all'articolo, Avvenire scrive che «hanno provocato l'indignazione di famiglie ed insegnanti e un terremoto ai vertici dell'Unar, l'Ufficio antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le Pari opportunità, il cui direttore Marco De Giorgi, si è visto recapitare una formale nota di demerito da parte del viceministro al Lavoro, con delega alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra». Dopo le critiche vaticane, infatti, il ministro ha disconosciuto il progetto, svolto su mandato di Elsa Fornero di cui ai tempi lei era il sottosegretario. Da qui la legittimazione per potersi scagliare contro i 24mila euro spesi per la stampa di libri che il giornale definisce «orientati a indirizzare l'attività didattica secondo l'ideologia del gender e le tematiche lgbt».
Ma non solo, l'articolo lamenta anche come «nel gruppo nazionale di lavoro per la definizione della Strategia, la parte del leone l'hanno però fatta le associazioni gay e lgbt, presenti con ben 29 rappresentanti a un tavolo dove, invece, non è stato nemmeno invitato il Forum delle famiglie». «Un chiaro esempio di politica a scatola chiusa. E a senso unico. Costata, a tutti, anche a chi non ha avuto la possibilità di intervenire, 300mila euro di risorse pubbliche». A dirlo -va ricordato- è il giornale che percepisce 4 milioni di risorse pubbliche, pagate da tutti, per propagandare idee a senso unico e contrarie ai diritti delle minoranze sessuali.
«A questo proposito -prosegue l'articolo- è interessante notare come la crisi economica, che ha letteralmente falcidiato i fondi statali per le politiche per la famiglia (passati da 250 milioni a 21,2) e per l'infanzia e l'adolescenza (da 40 milioni a 6,9), sembra non toccare un unico settore: quello delle associazioni lgbt». Ed è così che Avvenire si lancia in una lunga lista di spese, sostenendo che «agli organizzatori del Palermo Pride dello scorso giugno, sono andati 19.800 euro, mentre altri 3.857,24 euro sono stati pagati alla società incaricata di studiare il progetto grafico e l'allestimento della sala dove si è svolto il convegno di apertura della rassegna sull'orgoglio gay. Ulteriori 20.484,09 euro sono stati corrisposti all'Arcigay per la realizzazione della Giornata mondiale contro l'omofobia e 5.940 euro al Movimento italiano transessuale per il festival internazionale del cinema trans». Insomma, tutte cifre irrisorie che paiono essere state elencate al solo fine di fomentare l'idea che i gay (tramite l'Unar) abbiano "tolto" qualcosa agli altri...
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