Nella foga di sostenere che l'omofobia non esiste, Tempi finisce con il confermarne la diffusione


L'articolo sulla mappa dell'odio omofobico pubblicata ieri dal sito dell'Espresso «è una ciofeca che non sta né in cielo né in terra». È quanto sostiene il cattolicissimo Tempi attraverso una trattazione lunga, noiosa e ricca di ripetizioni (forse volta ad incentivare l'abbandono della lettura prima che si si potesse rendere conto di quanto le argomentazioni fossero labili).
Senza fornire argomentazioni, tutte le tesi che emergono dal sondaggio vengono bollate come «luoghi comuni» e «concetti prestampati», premettendo l'assunto che in Italia non c'è bullismo omofobico nelld scuole, non c'è discriminazione sociale, nessuno reprime la propria identità in pubblico per timore degli altri e tutti i nostri politici sono assolutamente disponibili ed aperti nei confronti dei gay...
Precisato ciò, si passa ad attaccare la modalità con cui il sondaggio è stato realizzato, scuotendo la testa di fronte a tutte le premesse illustrate nel rapporto: si sottolinea come la compilazione sia stata effettuata solo da quanti «erano informate dell'indagine e hanno deciso di parteciparvi», escludendo «persone meno motivate a partecipare» e con la possibilità dichiarata di «introdurre un potenziale di errore nei risultati». L'articolo si lancia addirittura nella trattazione «del mai abbastanza vituperato digital divide, che in questo "sondaggio" ha discriminato gli omosessuali privi di connessione alla rete internet e dunque ha contribuito a intorbidire ulteriormente i risultati». Comprendere cosa motivi quel «quindi» non è facile dato che non c'è ragione di ritenere che le persone senza Internet avrebbero votato in massa in maniera così differente. Critiche sono state riservate anche alla modalità scelta per garantire l'anonimato ai partecipanti.

La tesi finale è che «non c'è bisogno dell'acume di un Correttore di bozze per capire che non si tratta affatto di una "mappa dell'odio omofobico", bensì più realisticamente di una "conferma di una certa opinione ottenuta grazie a un sondaggio di opinione riservato a persone dall'opinione ben definita"» e che «non si fa una "mappa dell’odio omofobico" chiedendo ai gay quanto siano stronzi da 1 a 10 quegli omofobi dei correttori di bozze».
Peccato che il cattolicissimo giornale non si sia chiesto la cosa più ovvia: a fronte di dati raccolti nell'identico modo in tutta Europa, perché a quest'ultima domanda gli altri hanno risposto in modo così diverso? Perché un gay svedese (con connessione internet, interessato a rispandere al questionario e con tutte le caratteristiche che sostengono di aver "denunciato") al medesimo quesito risponde di non sentirsi discriminato?
Si potrebbe forse parlare di un inganno se i dati dell'Italia fossero stati raccolti con modalità diverse rispetto a quelli con sui sono stati confrontati, ma così non è. Ed è anche altrettanto normale che l'opinione venga chiesta alle vittime e non ai carnefici (per tastare la violenza sulle donne non si fa certo un sondaggio fra i mariti che le picchiano per chiedere se le loro mogli sono felici).

Ma degno di particolare nota è soprattutto il passaggio in cui si condanna il sondaggio nel nome di «studi molto più seri che dimostrano esattamente il contrario». Il riferimento è allo studio condotto dal Pew Research Center che venne utilizzata un anno fa da Tempi per titolare: "Ma quale allarme omofobia. Una ricerca prova che l'Italia è tra i paesi meno omofobi al mondo". In quell'occasione sostennero che lo studio indicasse l'Italia all'ottavo posto fra i Paesi più tolleranti al mondo nei confronti dell'omosessualità (trovando quella teoria riproposta da Eugenia Roccella durante il dibattito sulla legge contro l'omofobia, dalla Giunta della Regione Lombardia durante l'approvazione della mozione contro «l'esaltazione della vita gay» e come evergreen dalle Sentinelle in Piedi che lo usano per sostenere che la loro azioni non sia discriminatoria verso i gay).
Chi ha scritto un intero articolo per accusare l'Espresso di leggerezza nel non aver sottolineato a sufficienza le premesse dello studio, forse avrebbe dovuto fare attenzione a omettere che quella ricerca non ha classificato l'Italia all'ottavo posto fra i Paesi più tolleranti al mondo, ma solo all'ottavo posto fra quelli presi in esame (così come chiaramente illustrato anche nella mappa riassuntiva che ha accompagnato lo studio).
Premesso che ad un punteggio maggiore corrispondeva una minore omofobia, tra i Paesi europei erano stati contemplati troviamo Grecia (53 punti), Spagna (88), Italia (74), Francia (77), Repubblica Ceca (80), Polonia (42), Germania (87) e Regno Unito (76). Il punteggio mostra chiaramente come l'Italia sia al penultimo posto, seguito solo dalla Grecia. Certo, poi lo studio diceva poi che l'omofobia italiana è inferiore di quella del Senegal e del Ghana, ma non è certo questo l'argomento di cui si occupava il sondaggio realizzato dall'Unione Europea...

Cercare di delegittimare un sondaggio con dati che ne confermano l'esattezza mostra tutta la pochezza di una certa campagna di diffamazione verso i gay, unita peraltro alla prova inconfutabile di come quell'ideologia si basi su slogan ripetuti a pappagallo di cui non si conosce la sostanza e di cui è finiti con il dimenticarsi le strumentalizzazioni con cui erano stati creati. Peccato ci sia poi il politico di turno sempre pronto a portare quelle frasi sconnesse nella aule parlamentari, basandoci poi le leggi imposte a tutta la collettività.
2 commenti