La discriminazione nella discriminazione


Come riconoscere se un gay è attivo o passivo? Semplice: se va in palestra è attivo, se tende ad «essere acido e pettegolo come una donna» è sicuramente passivo.
È quanto afferma un articolo pubblicato in rete che sta suscitando malumori su Facebook. Il ricorso a sterili stereotipi non si ferma certo qui e l'autrice del pezzo non ha dubbi nell'affermare che «un vero attivo non indossa mai un paio di pantaloni troppo attillati» o che «se vi trovate in discoteca e lui inizia a fare urletti e a ballare sulle note di una canzone orecchiabile, potete essere certi che è passivo. L'uomo attivo sa ballare, ma lo fa con stile e senza eccessi». Attenzione viene posta anche al viso: «se notate che si trucca, che mette la cipria, il mascara o il gloss, è un passivo al cento per cento. Un conto è usare creme idratanti, un altro è sembrare una donna!».
Riguardo alle preferenze sessuali, l'articolo asserisce che un attivo è sicuramente attratto «dal bacio nell'ano pre penetrazione. Non ama invece praticare la fellatio, e soprattutto non parla a ripetizione del suo pene. Chi lo fa è di sicuro passivo, un uomo virile non passa le ore a raccontare del proprio uccello e di come è potente nel sesso».
Quel che ne emerge è l'immagine di un passivo descritto come una sorta di donna mancata (il paragone viene riproposto più volte) mentre l'attivo è sinonimo di «virile». In altre parole, all'attivo viene data connotazione positiva, al passivo una negativa.

Nel leggere simili frasi verrebbe automatico pensare che siano state pubblicate da un qualche un sito eterosessuale a forte connotazione maschilista, eppure non è così. L'articolo, infatti, compare su un sito gay che sostiene di voler combattere l'omofobia... anche se più che combattere gli stereotipi quel pezzo pare volerli alimentare, creando una discriminazione nella discriminazione.
È difficile non notare come quei pensieri paiano derivare da una cultura maschilista e sessista spesso comune anche ai movimenti più omofobi. Su tale basi, infatti, un atto sessuale attivo viene generalmente ritenuto moralmente più accettabile perché più assimilabile al ruolo che la società è solita reputare riservata all'uomo. La penetrazione viene così vista come sinonimo di inferiorità (un concetto comune anche al maschilismo).
Non è un caso se il versetto del Levitico tanto caro agli omofobi non condanna i gay in generale, ma solo chi ricopre un ruolo passivo («Non giacerai con un uomo come con una donna, è un abominio», dice). Allo stesso modo alcuni psicologhi spiegano come la violenze sessuale nei confronti di altri uomini non sia legata all'orientamento sessuale del predatore, ma alla volontà di imporre umiliazione alla vittima attraverso un ruolo che la società ritiene riservata alle sole donne.

In fin dei conti il sessismo, l'omofobia e il razzismo sono tutti accomunati dalla denigrazione dell'altro al fine di sentirsi migliori per diritto di nascita. È triste constatare come anche all'interno della comunità lgbt ci possa essere la volontà di discriminare l'altro attraverso il ricorso a stereotipi culturali lesivi della dignità altrui e della verità delle cose (se chiedessimo le posizioni preferite a dieci gay che indossano pantaloni larghi dieci che indossano pantaloni stretti, siamo certi che la tesi verrebbe confermata?).
Insomma, anche se ci si difende da chi ci si denigra, ci si può sempre trovare una nicchia per denigrare qualcun altro E allora come si potrà poi chiedere a Giovanardi da parte i suoi pregiudizi sui gay pride se poi ci si ritrova ad emularlo nel diffondere stereotipi simili?
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