Ogni giorno 38 soldati statunitensi vengono violentati, ma è errato pensare che gli aggressori siano gay


«Uno dei falsi miti è che gli autori [delle aggressioni ai danni di altri uomini] siano gay, ma non è così nella maggior parte dei casi. Non si tratta di sesso. Si tratta di potere e di controllo. In una cultura ipermascolina , qual è la cosa peggiore che puoi fare ad un altro uomo? Forzarlo in ciò che la cultura percepisce come un ruolo femminile». È quanto ha dichiarato da James Asbrand, uno psicologo dei disturbi da stress post-traumatico che lavora a Salt Lake, negli Stati Uniti.
Anche se il discorso ha una valenza più generale, il tema trattato era quello delle violenze sessuale compiute all'interno dell'esercito degli Stati Uniti. Si stima che nel 2010 siano stati più di 14mila i militari che hanno subito violenze, con una media di 38 abusi ogni singolo giorno da parte di altri militari.
Secondo lo psicologo, il fatto che ci sia un rapporto anale fra due o più uomini non è assolutamente indice dell'orientamento sessuale degli aggressori: anzi, è l'omofobia che li porta a ritenere che quella violenza potrà colpire indelebilmente la dignità della vittima.
Nella maggior parte dei casi gli episodi non vengono denunciati per timore di ripercussioni sulla propria carriera. Chi decide di rompere il muro dell'omertà e del silenzio, rischia invece di ritrovarsi dinnanzi ad un'ulteriore umiliazione: i moduli predisposti dalle autorità militari, infatti, non prendono neppure in considerazione l'ipotesi che un uomo possa essere violentato ed in quei casi gli si chiederà di compilare un questionario con domande specifiche riguardanti gli organi genitali femminili. Vien da sè che chiedere ad un uomo «Quante volte sei stata violata nella tua vagina?» non è certo molto indicato per chi ha subito un trauma per essere stato violato nella sua mascolinità.
Dana Chipman, che ha lavorato come avvocato per l'esercito degli Stati Uniti, ipotizza che l'alto numero degli incidenti possa dipendere anche dal sistema stesso adottato dell'esercito: «Vi abbiamo tagliato i capelli e vi abbiamo dato gli stessi vestiti -dice- vi diciamo che non avete più privacy né diritti individuali: vi abbiamo spogliato sino alla vostra nuda essenza per poi ricostruirvi a nostra immagine».
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