L'intrinseco outing degli omofobi


Per qualche strano motivo, negli ultimi mesi i siti gay sono frequentati più da cattolici che da persone lgbt. L'impressione è quella di una strategia organizzata volta a creare un contraddittorio su tutto, in modo tale da far creare la falsa sensazione che l'omofobia sia un sentimento più condiviso di quanto non lo sia.... ma non è di questo che ci occuperemo.
Per la nostra riflessione prenderemo spunto da un commento giunto nei giorni scorso, nel quale un utente anonimo afferma: «Gli lgbti non sono adatti ad entrare nelle nostre scuole, sono troppo di parte e faziosi. Vorrebbero che tutti i ragazzini diventassero omosessuali, così che il mondo diventasse a loro favorevole. Ma non si può giocare sporco così: i ragazzini sono troppo facilmente suggestionabili e a quell'età è anche facile avere una infatuazione dello stesso sesso, ma è una normale fase di crescita, in realtà si è perfettamente etero. Ma gli lgbti vogliono sfruttare questi momenti per convincere i giovani che sono gay».
Quello che salta subito all'occhio è come «gli lgbti» vengano visti quasi come una sorta di società segreta e come ci sia una preoccupazione verso la possibilità che i figli possano "diventare" gay per volere di forze esterne. È su questa tesi che l'Uganda ha ottenuto il supporto popolare nell'inasprire le pene per l'omosessualità, così come parte del mondo omofobo occidentale fa di tutto per far sì che quel pregiudizio non venga intaccato.

Quello che pare sfugga del tutto è come i ragazzi siano già gay o etero e come la fase dello sviluppo non abbia nulla a che vedere con l'omosessualità. Le associazioni lgbt sono le prime a fare differenza fra quella che è una fase della crescita e quella che è la sessualità definitiva, così come la scienza invita a non fare coming out troppo presto (con il rischio di dover rivelare aspetti di sé che non siano ancora chiari a sé stessi). Se infatti guardiamo le denunce depositate dai Giuristi per la Vita, vedremo che si sta parlando di ragazzi in un età successiva a quella dello sviluppo e già sessualmente attivi, la fascia che ha senso educare alla diversità.
Da qui si entra in un altro aspetto che pare poco chiaro: la lotta all'omofobia è a tutela dei ragazzi gay che vivono nelle scuole e non direttamente verso chi ormai si è fatto una posizione ed ha imparato a rapportarsi con la società. Certo, la fine dell'omofobia farebbe piacere a tutti, ma chi chi è a rischio depressione e suicidio sono soprattutto i ragazzi. Creare una divisione fra il «noi» e il «voi» che parta dal presupposto che tutti i ragazzi siano etero equivale a condannare i propri figli qualora non abbiano la sessualità che si desidera. Perché troppo spesso gli omofobi dimenticano come quasi tutti i gay italiani abbiano genitori eterosessuali, motivo per cui si pecca di presunzione nell'ipotizzare che a sé non capiterà mai.

Ma la contraddizioni non finiscono certo qui: dal ragionamento dell'animino emerge è l'ipotesi che l'omosessualità o l'eterosessualità siano una scelta che viene imposta dall'esterno. L'utente dice che basterà dire ad un ragazzo che è gay perché lo sia davvero... ma ciò presupporrebbe che i ragazzi non abbiano impulsi sessuali se non dietro spinta della società. In altre parole, l'utente dice che se i suoi genitori non gli avessero detto che doveva essere etero, lui probabilmente non avrebbe mai avuto alcuna attrazione naturale verso le ragazze e per lui sarebbe stato lo stesso avere rapporti con persone dello stesso sesso. Non c'è scampo: sostenere una tesi simile equivale quantomeno a dichiarasi bisessuali. Se così non fosse, a cosa servirebbe convincere un ragazzo di essere gay se a quel ragazzo dei maschietti non gliene frega un fico secco e se ha una sua predisposizione naturale a guardare le ragazze?

Allo stesso modo c'è chi si ostina a sostenere che il gender sia «una teoria» volta ad insegnare ai ragazzi che «possono scegliere» di chi sesso essere. Chiunque pronuncia frasi simili dovrebbe decidersi a fare coming out: o hanno passato l'infanzia con il desiderio si indossare le scarpe con i tacchi della mamma, oppure non si capisce come si potrebbe sostenere che basterebbe dire ad un ragazzo che non ci sarebbe nulla di male se si sentisse femmina perché lui decida di diventare tale. Solo chi non è in pace con la propria sessualità potrebbe credere che la conoscenza della diversità possa mettere in discussione sé stessi.
Ed è così che si torna al punto di partenza: o gli omofobi sono tutti dei gay repressi che considerano un valore la repressione della propria sessualità, o si sta parlando del nulla e si argomentano i propri discorsi con tesi che non hanno nulla a che vedere con il proprio vissuto. Ed il brutto è come questi ragionamenti richiedano un incredibile sforzo mentale di alterazione della verità quando basterebbe porsi una domanda veramente semplice: «Se a scuola mi avessero detto che esistono anche i gay, io lo sarei diventato?».
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