La Regione Lombardia difende il suo convegno omofobo


«Regione Lombardia ha perso le distanze da ciò che doveva prendere le distanze. Stiamo perdendo tempo. Qui si parla della difesa della famiglia e tutto il resto non ci riguarda». È con quest parole che la Regione Lombardia, nel corso della conferenza stampa per la presentazione del loro convegno omofobo, si è rifiutata di prendere esplicitamente le distanze dalle terapie proposte dal dottor Nicolosi che vengono propagandate dalle e associazioni invitate al loro convegno dal titolo "Difendere la famiglia per difendere la società".
Il riferimento è alla delibera 123 emanata nel 2010 in cui la Regione aveva preso le distanze da quelle terapie, salvo poi ritrovarsi oggi ad invitare a convegno le realtà che all'epoca avevano organizzato il convegno con il sedicente psicologo. In altre parole, sarebbe come far organizzare una recita scolastica ad un pedofilo e poi dire che è una perdita di tempo occuparsi della storia dell'uomo dato che il tema della recita non è la pedofilia ma è un altro.
L'altro punto emerso chiaramente dalla conferenza stampa è come la regione non abbia alcuna intenzione di fare marcia indietro: ci si è scagliati contro gli omosessuali che si lamentano troppo («Io non me la prenderei se mi dicessero che l'eterosessualità è una malattia», ha azzardato uno dei relatori) e si è sostenuto che lo scopo è di riaffermare come il matrimonio debba necessariamente essere fra un uomo e una donna e che le altre forme di famiglia che vivono nella Regione non debbano meritare alcun riconoscimento. Anzi, si è colta l'occasione per rilanciare persino le note posizioni del Ncd, sostenendo che «I diritti debbano essere tutelati esclusivamente attraverso il diritto privato. Non è assolutamente necessario prevedere che ci sia una parte della popolazione che ha diritto al matrimonio. Si tratta di una serie di relazioni che non devono essere equiparate al matrimonio».
Riguardo all'aver invitato solo realtà ideologizzate che proponessero una visione a senso unico del tema, la Regione ha difeso la sua scelta sostenendo che quella è il messaggio che volevano comunicare attraverso il loro convegno. Ma ciò che forse è ciò che imbarazza di più, è come per l'intera durata della presentazione si sia parlato di un «noi» e di un «loro», dove in noi era la Regione e le associazioni cattoliche che sostengono che l'omosessualità sia un disaggio sociale e una minaccia, il «loro» erano i gay (quasi non facessero neppure parte della regione e dei cittadini che la giunta è chiamata a rappresentare).
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