I soggetti invitati al convegno omofobo di Maroni negano l'evidenza. Cosa vogliono nascondere?


Adinolfi asserisce si tratti di una «falsa notizia», l'Uccr preferisce parlare di «omofascismo di Repubblica». Fatto sta che tutte le realtà invitate al convegno omofobo di Maroni si sono scagliate contro l'articolo con cui il quotidiano ha dato notizia dell'evento. Più dettagliata è Allenza Cattolica che, in un articolo intitolato "Come la menzogna corre sui media", accusa Repubblica di aver cercato «trasformare il convegno di Regione Lombardia del 17 gennaio da un evento per la difesa e la promozione della famiglia naturale in qualcosa d'altro, che abbia a che fare con la cura dei gay». «Il pretesto -sostiene l'associazione- è che fra le associazioni che hanno contribuito all'evento ce ne sarebbe una, Obiettivo-Chaire, che sarebbe favorevole a curare i gay perché considerati ammalati. Peccato che il pretesto è senza fondamento, tanto è vero che all'interno dell'articolo non si trova nessuna frase fra virgolette utilizzabile in questo senso perché le citazioni tratte dal sito di Chaire non lo consentono. Ma come si sa i titoli sono redazionali e non sempre corrispondono al contenuto».
Tale tesi verrebbe confermata anche dalla realtà sotto accusa che, sul proprio sito, afferma: «Obiettivo Chaire è una associazione cattolica che non si occupa di psicoterapia ma di accompagnamento pastorale, con particolare attenzione alle ferite della sfera identitaria e sessuale, compresa la omosessualità. [...] La tendenza omosessuale non è da considerarsi una malattia».

Peccato che tutte queste affermazioni non tornino. Sul sito internet ufficiale di Obbiettivo Chaire non si fa mistero di voler valorizzare i testi del dottor Joseph Nicolosi (noto esclusivamente per le sue discusse teorie riparative dell'omosessualità) e di volersi rivolgere a «giovani e meno giovani, feriti nella propria identità sessuale, in particolare per tendenze di natura omosessuale». Si sostiene anche di voler avere una particolare «attenzione rivolta a genitori, insegnanti ed educatori al fine di prevenire l'insorgere di tendenze omosessuali nei ragazzi, negli adolescenti e nei giovani» nonché di voler ricercare «cause (spirituali, psicologiche, culturali, storiche) che contribuiscono alla diffusione di atteggiamenti contrari alla legge naturale, riconoscibile dalla ragione rettamente formata».
Ecco che l'associazione cattolica oggi asserisce che «non si occupa di psicoterapia» ma a questo punto non è chiaro perché si avvalga del supporto di psicologi. Tra loro figura anche Roberto Marchesini, membro del NARTH Italia (sede italiana dell'organizzazione statunitense fondata da Nicolosi per la cura dell'omosessualità, ndr) e tra gli autori dell'opuscolo "Abc per capire l'omosessualità", edito nel 2005 da Edizioni San Paolo. In quelle pagine, firmate proprio da Obiettivo Chaire, un'intera sezione è dedicata alla promozione delle fantomatiche terapie riparateve. Si premette che nel 1973 l'omosessualità è stata cancellata dal DSM e che «pochi però spiegano che questa decisione non è stato il frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica», si sostiene anche che chi abbia votato per quella cancellazione se ne sia pentito e che non è loro intenzione dibattere «se l'omosessualità sia o no una malattia, un disturbo o un disordine». Il solo fatto di aver messo più volte in dubbio che il termine «malattia» sia inesatto parla da sé.
Il volume suggerisce anche che «i fatti e la vita di moltissime persone testimoniano» che «è possibile cambiare il proprio orientamento sessuale» grazie alle terapie di Nicolosi. Da qui si sostiene che l'omosessualità andrebbe considerata «come il sintomo di bisogni affettivi non soddisfatti durante l'infanzia o la prima adolescenza. Con la ricerca di un abbraccio maschile, la persona con tendenza omosessuale cercherebbe l'affetto, la protezione e il riconoscimento da parte delle figure di riferimento maschili che le sono mancate durante l'infanzia e la prima adolescenza». «L'omosessualità è dunque il sintomo di una ferita che la persona ha subito nella sua identità di genere. Non esistendo una natura omosessuale, non si può parlare di omosessualità latente; si può invece correttamente affermare che le persone con tendenze omosessuali hanno una eterosessualità latente, che per qualche motivo è impedita od ostacolata».

Come se ciò non bastasse, alle pagine 830 e 832 del numero 525 di "Studi Cattolici" compare un'intervista realizzata proprio da Roberto Marchesini a Joseph Nicolosi durante la quale si afferma che «l'omosessualità è un sintomo di un problema emotivo e rappresenta bisogni emotivi insoddisfatti dall'infanzia, specialmente nella relazione con il genitore dello stesso sesso». In un altro passaggio si sostiene che «Noi crediamo che l'omosessualità sia intrinsecamente disordinata e contraria alla vera identità dell'individuo; e molti dei sintomi dei quali soffrono le persone gay e lesbiche non sono causate dall'omofobia sociale ma perché la condizione stessa è contraria alla loro vera natura».

A questo punto non si capisce perché nei comunicati stampa si sostenga la falsità dell'articolo di Repubblica (che proprio questo sosteneva). E se pubblicamente l'associazione cammina sul filo del rasoio nel tentare di soppesare i termini utilizzati, un'inchiesta pubblicato nel 2007 (e quindi in tempi non sospetti) da Liberazione ci racconta l'esperienza di un giornalista che si è rivolto proprio all'associazione Obbiettivo Chaire e si è sentito dire che la sua omosessualità «è una malattia leggera, possiamo curarla».
I fatti suggeriscono anche che Alleanza Cattolica non poteva non conoscere simili posizioni visto che nel 2010 ha collaborato con Gruppo LOT, NARTH ed Obiettivo Chaire ad un convegno «di formazione» con Joseph Nicolosi (che già ai tempi vide la pubblica dissociazione da parte degli psicologi lombardi).
Curioso è come l'articolo di Alleanza Cattolica si concluda con la frase: «E lasciamo a chi proprio non ne può fare a meno il rancore, l'astio e la menzogna». Peccato che potremmo rispondergli esattamente con la medesima frase, aggiungendoci poi anche un dubbio lecito: perché si ha così tanta paura nel vedere l'attenzione mediatica puntata su di sé quasi si volessero tener nascoste le proprie attività?
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