Per 24 ore Facebook ha difeso la legittimità di una pagina che invitava i trans al suicidio


A niente è servita la lunga lettera scritta da Leelah Alcorn prima del suo suicidio: sulla sua lapide i genitori hanno fatti scrivere il nome di Joshua. Pare dunque che le presunte convinzioni religiose di mamma e papà abbiano avuto la meglio sulla richiesta avanzata in punto di morte da una figlia che ha deciso di togliersi la vita proprio perché non accettata di suoi genitori. Ed in tutta risposta la sua salma è stata contrassegnata con un nome che rappresenta tutto ciò contro cui la giovane 17enne aveva lottato ogni giorno della sua vita. Dan Savage, fondatore dell'associazione It gets better, ha dichiarato che i genitori di Leelah dovrebbero essere indagati per istigazione al suicidio.
Oltre 274mila persone hanno firmato una petizione rivolta al presidente Obama per chiedere che la triste storia di Leelah sia spunto per una legge che vieti le fantomatiche terapie riparative (a cui la giovane era stata sottoposta per volere dei genitori). Tutte le icone transgender statunitensi hanno raccontato il loro sdegno attraverso il gruppo un Fabeook chiamato Justice for Leelah Alcorn, così come numerosi manifestanti londinesi si sono dati appuntamento a Trafalgar Square per onorare quella giovane vita spezzata.

Eppure, tra tante manifestazioni di solidarietà, c'è chi non ha perso tempo per ostentare la propria ignoranza aprendo su Facebook un gruppo chiamato Go truck yourself. Il nome fa riferimento alla modalità con cui Leelah si è suicidata (ossia gettandosi sotto un camion) e all'interno del gruppo sono state pubblicate numerose foto della giovane modificate con slogan che incitassero i giovani transessuali a seguire l'esempio di Leelah e a suicidarsi. L'esplicita minaccia è che chi non si fosse tolto la vita si sarebbe trovato a dover vivere una vita resa impossibile da chi li stava invitando all'estremo gesto.
Ma se la madre dei deficienti è sempre incita, a far drizzare i capelli è come Facebook abbia difeso l'esistenza di quella pagina per ben 24 ore. Chiunque l'abbia segnalata, si è trovato a ricevere un messaggio che informava come l'istigazione al suicidio fosse «accettabile secondo quelli che sono gli standard della comunità». La decisione è stata rivista solo quando i media nazionali statunitensi hanno iniziato ad occuparsi di quello scandalo.
A questo punto c'è da chiedersi perché un social network così premuroso nel censurare semplici baci fra persone dello stesso sesso risulti così tollerante con chi istiga al suicidio, cancellando quei contenuti vergognosi solo se la stampa nazionale se ne occupa (e chissà in quanti altri casi scandali simili siano passati sotto silenzio).
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