Usa: rischia l'espulsione perché bisessuale, non può lavorare e dovrà attendere il 2017 per essere ascoltato
Ricordate la storia di Ivo Widlak? È un giornalista di origine polacca che vive a Chicago dal 2001. Per anni ha condotto un talk show televisivo intitolato "Ivo na zywo" e un programma di informazione trasmesso dall'emittente Channel 34 WJYS. È anche l'amministrazione di alcuni siti di informazione in lingua polacca e presidente del Polish Cultural Institute di Chicago.
Un giorno Ivo ha conosciuto Laura Zabedra: i due si sono innamorati, si sono corteggiati e si sono sposati nel settembre del 2002. Come sempre accade in questi casi, la donna -cittadina statunitense- ha chiesto un permesso di soggiorno permanente per suo marito. Fin qui sembrerebbe tutto normale, se non fosse che i loro guai sono iniziati dall'essere entrambi dichiaratamente bisessuali.
Nel 2009 il Defense of Marriage Act proibiva il riconoscimento dei matrimoni fra persone dello stesso sesso e l'ufficio immigrazione dedicava notevoli sforzi nel cercare di individuare ed espellere eventuali immigrati gay che avessero sposato una donna pur di non perdere il proprio permesso di soggiorno. Viene facile immaginare che tutto questo non lo riguardasse, dato che lui era sposato con una donna e fra loro c'era un rapporto di amore, ma così non è stato.
Nel 2009 vennero entrambi sottoposti ad interrogatorio perché gli ufficiali lo accusarono di essere gay e di essersi unito in matrimonio solo per ottenere illegalmente una carta verde. Si ipotizza che la denuncia sia partita dal consolato polacco, recentemente al centro di un'indagine giornalistica con cui Ivo li aveva accusati di corruzione. La possibilità di far finire sotto indagine chiunque non fosse espressamente eterosessuale è stato uno dei metodi più usati in quegli anni per ritorsioni e ricatti.
Ed è così che, nonostante l'assenza di prove specifiche, il giornalista è stato riviato a giudizio in attesa che fosse lui a dover dimostrare che il suo matrimonio fosse reale. Il come dimostrarlo non è chiaro, al punto che Ivo si è persino spinto a dirsi pronto a fare sesso con sua moglie dinnanzi al giudice. Ma naturalmente quella è un'opzione che non venne neppure contemplata. Persino l'integrazione introdotta lo scorso settembre dall'amministrazione Obama (la quale sospende gli ordini di espulsione per le coppie gay) non poté essere applicata al suo caso: l'essere bisessuale lo portava a non essere né eterosessuale né gay, e quindi in una posizione non contemplata dalla legge.
L'iter giudiziario ha avuto tempi più consoni alla giustizia italiana che a quella statunitense, al punto che si è dovuto attendere il 20 dicembre 2013 per la prima convocazione. Ma anche quell'udienza saltò all'ultimo minuto e, due settimane più tardi, gli venne comunicato che il tutto era stato rimandato al 5 maggio 2017.
Nel frattempo, privato della sua carta verde, Ivo non può lavorare negli Stati Uniti. È lui stesso a raccontare come molte persone che vivono nella sua situazione si trovano a sbarcare il lunario attraverso lavori in nero, ma nel suo caso la popolarità acquisita dal suo caso lo portarono ad essere escluso anche dal lavoro sommerso per timore di controlli da parte delle autorità.
Tra i costi legali e le spese di soggiorno, prima o poi Ivo teme di ritrovarsi costretto a tornare in Polonia dato che gli Stati Uniti lo stanno mettendo in una condizione in cui non può più basare al suo sostentamento. Si è anche separato dalla moglie Laura perché convinto che l'ansia e la pressione di quella battaglia legale abbiano avuto conseguenze sul suo stato di salute, un motivo per ha iniziato a sentirsi un un peso per lei. Il 26 gennaio 2014 Ivo ha anche tentato di togliersi la vita, fortunatamente senza riuscirci.
Riferendosi all'ufficio immigrazione, commentò: «Questo è tutto. Ho finito. Non importa quello che faccio. Non importa quello che dico. Non importa nulla. Nulla è sufficiente per loro».
Ora ha lanciato una petizione rivolta al Segretario alla Sicurezza Nazionale, Jeh Johnson, e al presidente Barack Obama. La richiesta è semplice: «Per favore, datemi la mia carta verde e permettetemi di vivere la mia vita. In caso contrario, datemi ora il foglio di via, non tra due anni».
Sino ad oggi sono state raccolte 45mila firme, volte a chiedere una presa di posizione che risolva una situazione assurda venutasi a creare per la mancata contemplazione della bisessualità all'interno degli atti pubblici. La petizione è aperta a tutti ed è possibile sottoscriverla dall'apposita pagina.