Adinolfi sostiene che i transessuali vengano operati a forza pur di dimostrare l'idologia gender


Mario Adinolfi è tornato a propagandare odio dai microfoni di Radio Maria, ancora una volta sosttenendo che «esistono delle emergenze che derivano dal fatto che in Parlamento sono in via di approvazione delle leggi che potrebbero radicalmente modificare le condizioni del diritto di famiglia e anche a ciò che avviene nelle scuole italiane rispetto alla cosiddetta ideologia del gender. Bisogna capire bene questi argomenti, che sono argomenti complessi, per poi avere padronanza per poter entrare in un dibattito pubblico con un'unione che difenda il diritto alla vita, il diritto alla famiglia, il diritto della dignità di tutte le persone. I provvedimenti di legge che ci preoccupano di più sono il ddl Scalfarotto, il ddl Cirinnà e il ddl Fedeli».
Se appare evidente che le sue parole appaiano campate in aria (soprattutto a fronte di chi chiede dignità pur dedicando la propria vita alla denigrazione e diffamazione delle persone lgbt), il sedicente giornalista non ha mancato di invocare un'azione pubblica volta a diffondere informazioni false. Nel suo discorso, infatti, Adonolfi sostiene che la stepchild adoption sia «un'espressione in lingua inglese che altro non è che la ratifica e la tutela delle procedure di utero in affitto praticate all'estero», mentre il ddl Fedeli avrebbe l'unico scopo di «portare la propaganda gender nelle scuole».
L'obiettivo finale appare evidente: si paura verso qualcosa che non esiste e si nega l'esistenza delle migliaia di famiglie omogenitoriali che oggi sono prove di tutele. Il tutto al solo scopo di trovare qualche lettore in più a cui vendere quella carta straccia intrisa d'odio che lui chiama giornale.

Il tema della puntata era la fantomatica idologia gender e non c'è voluto molto prima che Adinolfi dimostrasse di non avere alcuna argomentazione seria su cui puntare. «Possiamo dire che l'ideologia del gender c'è da molto tempo nel mondo -dice- è una teoria che considera la propria identità sessuale non un elemento biologico. Siamo maschi, siamo femmine, maschi e femmine Dio lì creò, insomma lo sappiamo dalla nostra tradizione e dalla nostra cultura religiosa. Ma la propaganda del gender pensa che l'identità sessuale sia sostanzialmente un abito da indossare. L'ideologia del gender prevede la mutevolezza della propria identità sessuale, la possibilità che le identità di genere siano di fatto interscambiabili. Che maschio e femmina non abbiano una differenziazione reale dal punto di vista biologico, cosa che è scientificamente dimostrato in ogni passaggio. Non solo perché noi siamo così nella nostra esperienza empirica: quando nasce un bambino o una bambina siamo matematicamente certi che sia un bambino o una bambina da evidenze fisiche che sono chiare al momento del parto. Secondo l'ideologia gender questa sessualità può essere trasformata all'abbisogna, a seconda di un proprio sentimento. Costruire una società su l'indifferenziazione sessuale che prescinde dal dato biologico ha lo scopo di creare una società dove anche i ruoli genitoriali siano indistinti. Serve a costruire una società dove non esiste più la mamma e il papà, ma esiste solo quello che il politicamente corretto oggi chiama "genitore 1" e "genitore 2"».

Adinolfi ha sostenuto poi che i disegni di legge da lui contestati prevedano l'insegnamento delle scuole dell'idea che «la sessualità sia un abito da indossare che si può scegliere in ambito adolescenziale» e che sia necessario «difendere l'idea che noi siamo o maschi o femmine». Immancabile è stato anche il riferimento alle parole del Papa, utilizzato come mero strumento volto a legittimare una posizione illegittimabile basata su assunti falsi e ideologici.
Quasi a voler sottolineare la sua bassezza, Adinolfi non manca di puntare il dito anche contro la partecipazione di Conchita Wurst al festival di Sanremo, affermando poi che «l'icona gender» sia stata «pagata con i soldi della famiglie italiane». Naturalmente poco importa se gli italiani abbiano dovuto pagare anche la partecipazione della famiglia con 16 figli voluta dalla Cei, così come poco importa sei lei sia la vincitrice dell'Eurofestival.

Ormai senza freni, Adinolfi ha sostenuto anche che il Corriere della Sera abbia pubblicato «una doppia pagina dedicata alla propaganda dell'idologia gender». Il riferimento è all'articolo che parlava di una clinica di Amsterdam che si prende cura dei teenager con quella che gli psicologi chiamano disforia di genere. Adinolfi racconta con dovizia di particolare come alcuni farmaci blocchino la pubertà, ma dimentica di spiegare il perché vengano somministrati: per le persone che vogliono cambiare sesso, un freno allo sviluppo ormonale permette di ottenere risultati migliori nell'attesa di compire 18 anni (l'età che la legge impone per poter iniziare un percorso di transizione) in modo che risultato è che la fisicità rispecchierà maggiormente la propria sessualità, senza che elementi come la barba o il pomo d'Adamo condannino il transessuale o la transessuale ad essere facilmente riconosciuti e discriminati. Eppure Adinolfi lamenta come «non c'è alcun accento negativo» nel raccontare la notizia, così come la testimonianza fornita da una modella che ha deciso di intraprendere quel percorso viene riassunto in maniera assai patetica: «Un bambino è stato trasformato in un adolescente donna -dice Adinolfi- per mera decisione di un intervento in clinica che ha evidentemente i limiti di un intervento alla Frankenstein». Ha sostenuto anche che qualcuno «abbia bloccato la pubertà di un bambino di 12 anni per dimostrare la possibilità di indossare un'altra sessualità in modo da avere una idologia che permetta di dire che maschio e femmina sono abiti intercambiabili»
Inutile a dirsi, l'unica vera violenza sarebbe stata quella di condannare una donna a vivere in un corpo da uomo solo perché Adinolfi preferisce così. Ed ovviamente anche inq uesto caso il sedicente gionalista se ne infischia di come la donna sia molto soddisfatta e felice del percorso intrapreso e del risultato ottenuto.

Nel proseguo Adinolfi è tonato a sostenere che l'Unar volesse andare nelle scuole ad insegnare che anche due maschi o due femmine possono avere figli per vie naturali, così come non è mancato il lungo messaggio promozionale volto a sostenere che l'unico modo per "difendersi" dal pericolo gender (un pericolo del tutto inesistente inventato di sana pianta) è comprare il suo giornale.
È nel corso delle vergognose telefonate degli ascoltatori (tutti impauriti dal gender e dall'idea che qualcuno voglia dire ai loro figli che l'omosessualità è del tutto naturale) che il discorso di Adinolfi è divenuto davvero pericoloso: dopo essersi lanciato nel sostenere che che insegnanti insegnino che gli omosessuali non debbano essere vittima di discriminazioni solo per evitare rogne a fronte di circolari statali, l'uomo si è spinto sino ad una vera e propria minaccia esplicita nei confronti di tutti quegli insegnanti che dovessero mettere in pratica le strategie ministeriali per il contrasto al bullismo omofobico: «Se non volete rogne -dice- e fare circolare qualche libretto stano sappiate che io, Mario Adinolfi, mi chiamo rogna e quindi darò battaglia affinché questo non avvenga nelle scuole».
Il tutto pur di contrastare chi seguirà le indicazioni degli esperti senza preferire la propaganda idologica e discriminatoria di una persona che non è neppure in grado di motivare ciò che dice con l'unico scopo di contrastare un qualcosa che non conosce.
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