Il Forum delle famiglie scrive al governo: «Non date diritti e reversibilità ai gay»


In un post pubblicato venerdì, il Forum delle Associazioni Familiari dell'Umbria afferma di aver distribuito a tutti i parlamentari italiani una lettera volta a chiedere che i diritti a loro riservati non siano estesi ad altri.. Il gruppo che si ostina a definirsi apartitico (anche se poi dirama comunicati stampa in cui sostiene che i voti dati a determinati partiti siano da intendersi come voti dati a loro) non ha mancato di sottolineare come il tema sia «particolarmente sentito dalla società»... così tanto sentito che la loro iniziativa ha registrato un unico "mi piace" (peraltro messo da loro stessi).

Nella lettera allegata (curiosamente datata maggio 2015) si inizia subito con una serie di premesse curiose. Sostengono che il ddl in discussione sia frutto di «convinzioni minoritarie che non tiene sufficientemente contro di altre proposte più condivise». Se il riferimento non è chiaro, chiarissimo è come sostengano di rappresentare la maggioranza e di voler scegliere per tutti... peccato che se ne fossero davvero convinti, probabilmente non starebbero certo lì a cercare di impedire che una maggioranza possa approvare norme che la loro minoranza non approva.

Si passa poi a citare un passo della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo approvata nel 1948 che, all'articolo 16, afferma:

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Citato il passo si lanciano nel sostenere quello «è lo stesso valore naturale della famiglia fondata sulla differenza sessuale che viene riconosciuto e promosso dalla Costituzione».
Quale sia il riferimento alla differenza sessuale non è però chiaro: il documento parla di «uomini e donne» per intendere che la scelta non debba essere prerogativa di uno dei sue sessi e non dice certo che un uomo debba necessariamente sposarsi con una donna. Anzi, la scelta del termine «coniugi» è lo stesso indicato nella Costituirne italiana proprio per indicare una coppia senza specificarne il sesso. La tesi appare dunque un'evidente integrazione ideologica di ciò che non è scritto ma a loro piacerebbe lo fosse stato.

A riprova della loro tesi non mancano di tirare in ballo le sentenza della Corte Costituzionale emesse nel 2010 e del 2014, citando il passaggio in cui i giudici constatavano quale fosse la situazione «nell'attuale ordinamento italiano». Il riferimento è dunque al codice civile e non al principio costituzionale.
Si cita anche la sentenza i cui i giudici riconoscono che l'assemblea costituente probabilmente non stava pensando ai matrimoni gay quando ha scelto termini neutri, ma se è per questo non pensava neppure ad Internet nel regolamentare la stampa (eppure quei principi sono stati tranquillamente estesi alle nuove tecnologie così come nulla vieta sia fatto per le unioni gay).
Chiunque legga quelle sentenza sa che si sta parlando di una mancata presa di posizione da parte dei giudici dato che si è stabilito che è il parlamento a dover decidere senza che nulla sia dovuto né da una parte né dall'altra. Il volersi dare ragione con quelle sentenze è un'appropriazione indebita su base ideologica.

Si passa poi a sostenere che i rapporti affettivi degli altri debbano avere minori tutele rispetto a quelle di una «famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Vien da sé che la necessità di specificare i sessi sia una chiara indicazione di come neppure loro credano alle teorie esposte riguardo a privilegi che sostengono la Costituzione garantisca agli etero sulla base dell'orientamento sessuale. In particolare ci tengono a pretendere che la pensione di reversibilità sia un privilegio riservato alle coppie eterosessuali (anche quelle senza figli) attraverso i contributi versati anche day gay.

Si passa poi a sostenere che il ddl Cirinnà ha «profili di illegittimità costituzionale» sulla base della loro lettura ideologica dei principi espressi nella carta Fondamentale, sostenendo poi che sia stato adottato «un testo sbagliato» sulla base di non meglio specificati «calcoli di convenienza politica». Si sostiene così che «la famiglia è una istituzione insostituibile anzitutto per la sua potenziale finalità generativa».
In altre parole, si sostiene che due etero che non vogliono figli siano maggiormente «aperti alla vita» rispetto a due gay che vorrebbero crescere un bambino bisognoso. Certo, loro sostengono che ci sia sempre la possibilità che un profilattico possa essere bucato e che un bambino non voluto possa venire alla luce, eppure la possibilità che ciò accada è pari a quella che potrebbe vedere un gay sufficientemente ubriaco da risvegliarsi nel letto di una donna. Già, perché a loro non piace ammettere che la «potenzialità generativa» di un gay sia pari a quella di un etero (incredibile ma vero, ma anche nel loro sperma ci sono spermatozoi!).

Non manca poi il capitolo dedicato al sostene che i gay vogliano andare in giro a strappare bambini dalle loro madri («ovviamente in condizioni economiche precarie», precisano). Il tutto dimenticandosi di come anche molti eterosessuali che accedano alla procreazione assistita (si pensi a come la loro amata Russia legalizzi tale pratica riservandola ai soli eterosessuali, così come fa anche l'India). Difficile è comprendere perché mai il negare i diritti ai bambini nati così dovrebbe servire impedire una pratica che manterrebbe la stessa accessibilità di oggi. Sarebbe un po' come sostenere di voler curare il colesterolo prendendo a tesate il muro...

Detto questo sentenziano come «approvare il testo Cirinnà significa dunque sostenere una posizione ideologica oltranzista, estremista, radicale e soprattutto minoritaria nel Paese».
Tralasciando da quale pulpito arrivino simili accuse, interessante è come si sostenga che i diritti siano un appannaggio delle sole maggioranze e non un diritto. Il tutto, ovviamente, dopo essersi auto-proclamati maggioranza attraverso un gioco di specchi (si pensi anche solo a come Alleanza Cattolica si a fulcro della proposta e di come presenti la propria ideologia sia a nome proprio, sia a nome di associazioni di convenienza come possono essere il Forum delle Associazioni Familiari dell'Umbria o il comitato Sì alla famiglia: tre realtà che presentano sempre e solo l'idea di un unico soggetto con la speranza possa valere per tre).

Si finisce poi con il chiedere che le tasse siano maggiori per chi non è parte di una famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, senza che i figli possano costituire una variante. La tesi è che quel matrimonio che loro vogliono sia vietato agli altri sia un modo per avere vantaggi economici basato sullo sfruttamento delle minoranze.
A firmare tale scempio troviamo una lista di associazioni in cui i riferimenti al cattolicesimo e al cristianesimo si sprecano. Tra loro anche le associazioni Famiglie separate cristiane, Separarti fedeli, Azione Cattolica e l'Associazione per i diritti delle persone vedove

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