ProVita, l'Agapo e la lettera a Renzi di una madre che vuole negare i diritti al figlio gay per convincerlo a sposare una donna


L'Agapo è un'associazione che si nasconde dietro un rassicurante nome di Associazione di Genitori e Amici di Persone Omosessuali per tentare di promuovere la fantomatiche e dannose "terapie riparative". Chiede ai genitori di pregare per la "guarigione" dei figli omosessuali ed ha anche organizzato una linea telefonica che promette aiuto ai gay in difficoltà (anche se poi tenta di convincerli a "curarsi").
Gli integralisti di ProVita li indicano come «gli unici» a gestire nel modo corretto la «condizione omosessuale» dato che offre «una alternativa» all'accettazione di sé. Li definisce un gruppo di «genitori di persone omosessuali, che amano i loro figli, li accolgono, li accettano, pur non approvando le loro scelte». Il solo fatto che si sostenga che l'orientamento sessuale sia «una scelta» già lascia intendere di che cosa si stia parlando...
Ed è sempre ProVita a dare spazio alla solita «testimonianza» anonima di «una madre» avrebbe scritto a Matteo Renzi per chiedergli di non permettere che i diritti di suoi figlio siano riconosciuti.

La donna sostiene che sia necessario fermare gli attuali progetti di legge per «non rischiare, pur volendo perseguire il miglior bene della società, di apportarle invece un danno». Afferma che sia sbagliato insegnare ai figli ad amare secondo la propria natura dato che «l'Amore va ben al di là della mera emozione» ed il matrimonio deve essere «necessariamente visto come un'unione in cui «i coniugi danno la vita letteralmente, aprendosi alla generazione dei figli e cooperando all'opera meravigliosa della Creazione».
Si passa poi al sostenere che, come madre, lei debba avere il diritto di insegnare al figlio che l'eterosessualità sia l'unico orientamento corretto: «vorrei tanto che questo fosse il diritto per cui lottare -scrive- poter insegnare a mio figlio che anche per lui è aperta questa strada, che anche lui può guardare in alto, oltre se stesso, ed aspirare a questa altezza e a questa profondità, a questo Amore che travalica tutti i limiti dell'umano». La donna passa così alle accuse verso Renzi: «Sta insegnando a mio figlio, che no, non importa puntare così in alto, aspirare ad una piena di maturazione di sé, che ci si può anche accontentare, tanto è lo stesso. Perché vede, raccontando a mio figlio, e a tanti ragazzi come lui, che non c'è differenza fra l'unione tra due persone dello stesso sesso e quella tra un uomo e una donna, Lei li inganna. Racconta loro delle bugie. Perché nell'amore fra due persone dello stesso sesso viene a mancare l'Altro, l'alterità delle persone. Ed è inutile raccontare che l'alterità si manifesta al di là del corpo, quando l'amore sponsale è così fortemente corporeo. Negare il ruolo della differenza tra i sessi, vuol dire mandare tanti ragazzi a sbattere duramente contro un muro che, con la legge Cirinnà si rende loro invisibile».

Se l'assurdità di un simile testo si commenta da sé, il fondo non deve ancora essere toccato. «È giusto secondo Lei non discriminare?&raquo, chiede la donna. «Il vocabolario attesta che questo termine significa "distinguere, differenziare, specialmente in base a dati oggettivi". Credo sia una delle azioni fondamentali da insegnare ai nostri figli, il saper distinguere, il saper discernere, fra tutto ciò che ci si presenta davanti ogni giorno, in quanto è vero, sì, che molto può essere lecito, ma è altrettanto vero che non tutto giova». Ed ancora: «Le sembra equo non distinguere, ovvero non discriminare, una famiglia con moglie e marito che ha in sé il potenziale (e il carico) di creare nuove generazioni e una coppia intrinsecamente sterile qual è la coppia omosessuale? Non ritiene sia importante distinguerle per vivere con maggior consapevolezza e maturità?».

La lettera prosegue poi nel sostenere che un figlio gay sia un grandissimo dolore e che il genitore sia tenuto a chiedergli di cambiare perché preferirebbe avere un figlio eterosessuale.
«Non si lasci ingannare da qualche genitore che nega di provare dolore di fronte a una tale situazione -dice- Quando ho capito quello che mio figlio mi stava dicendo, e le confesso che mi ci è voluto qualche giorno per far sì che il mio cervello traducesse quelle parole, sono sprofondata in un abisso di dolore. Le assicuro che la causa di questo dolore non è stata provocata dalla cosiddetta omofobia interiorizzata, o da altre stupidaggini di cui continuamente si parla senza averne esperienza concreta. Invece la mia mente mi ha ricollegato a tutta una serie di episodi di cui è costellata la mia storia e quella della mia famiglia, e mi è apparsa davanti la sofferenza di mio figlio in tutta la sua drammaticità: un bambino prima, un ragazzo poi, che, per la sua indole estremamente sensibile, è stato segnato da ferite affettive inferte non volendo da noi genitori, dagli amici, dagli insegnanti, da abitudini prese, e, insieme, dal contesto sociale. Improvvisamente ho visto come queste ferite procuravano anche, oltre all'attrazione che le dicevo, sofferenze di altro tipo: la paura di vivere e quindi il trincerarsi dietro il filtro di un computer, l'incapacità di intrecciare legami di amicizia con altri maschi, il rifiuto di praticare sport e di competere con i propri pari, una immaturità emotiva nel sopportare situazioni di tensione, l'impossibilità di perseguire con convinzione un obiettivo, la barriera difensiva alzata verso il proprio padre».

Sostenuto che l'orientamento sessuale non sia naturale ma un qualcosa che viene inculcato dalla società e dalla scuola, la donna ci tiene molto a precisare che il figlio sia «un errore» da correggere: «Amare un figlio è accettare e sempre approvare le sue scelte? Nel notare questa ferita aperta, lei avrebbe scelto semplicemente di metterci sopra un cerotto e nasconderla alla vista? Io in tutta sincerità non ho potuto fare questo, sig. Presidente. Ho scelto di lasciarmi invadere dalla sofferenza, perché ho provato tante volte che sulla croce spira una brezza soave che rende leggero il peso, e che feconda ciò che investe e sono certa che da essa può rinascere una vita nuova, per me e per i miei familiari. Mi è sembrato di aiutare mio figlio nell'Accogliere senza Approvare, nell'amare la sua persona, senza fare miei i suoi errori, senza rinnegare i miei valori. Ascoltare di più e parlare di meno, questa è la strada che ho scelto, nell'umiltà di riconoscere i propri limiti ed errori, ma sempre ricordandomi il mio ruolo di genitore e di educatore».

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