Unioni civili, associazioni lgbt scrivono al governo: «No a ulteriori mediazioni»


È attraverso una lettera -indirizzata al presidente del Senato Pietro Grasso, al ministro ai rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi e ai capigruppo di Palazzo Madama- che le associazioni lgbt (Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione radicale Certi Diritti, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno e Mit) hanno sottoscritto e inviato sul tema del riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso: «Nelle prossime settimane -spiegano- l'iter parlamentare del disegno di legge sulle Unioni Civili entrerà nella sua fase cruciale. In esso sono riposte le speranze di milioni di cittadini e cittadine italiani: le persone lgbt e i loro figli».
Le richieste avanzate sono due: «la calendarizzazione in Aula al Senato del DDL sulle Unioni Civili non oltre il mese di luglio, in modo da fissare una data certa e contingentare i tempi di discussione degli emendamenti e per la votazione del testo finale» e «una presa di posizione forte che consenta a questo testo, già sostanzialmente superato nel mondo occidentale, di essere approvato così come è senza ulteriori tagli, in termini di diritti».
La richiesta è dunque quella di impedire che non vi siano ulteriori ridimensionamenti del testo e si sottolinea che «non stiamo parlando di temi etici, e che invocare in questo caso la libertà di coscienza è fortemente mistificante e improprio». Si sottolinea anche come «Quanto è avvenuto nelle ultime settimane in Irlanda e negli USA, ovvero l'estensione del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, ha evidenziato ancora di più l’isolamento dell’Italia in Europa e nel mondo occidentale rispetto al tema dei diritti e ha tolto definitivamente ogni alibi agli indugi con cui le istituzioni -il parlamento e il governo in particolare- hanno affrontato questo tema. Tutte le democrazie del mondo e le istituzioni internazionali di cui l’Italia fa parte dicono chiaramente che la richiesta di uguaglianza e i diritti conseguenti delle persone omosessuali sono diritti umani e la pienezza dei diritti umani non può essere subordinata né alla maggioranza e neppure alle ingerenze di stampo religioso in uno Stato laico».
Dinnanzi ad un governo che pare volgere il proprio sguardo solo sulla piazza integralista del Family Day, le associazioni ricordano come «nella giornata di sabato 27 giugno sei grandi città (Milano, Torino, Perugia, Palermo, Bologna, Cagliari) sono state pacificamente invase da centinaia di migliaia di persone che partecipavano ai Pride e che rivendicavano la libertà di amare e la necessità di vedere riconosciuti i propri amori. Altre città le hanno precedute, Verona, Pavia, Benevento e Roma, e altre se ne aggiungeranno nelle prossime settimane: Napoli, Foggia, Genova, Catania, Reggio Calabria. L'Onda Pride ha mobilitato in massa la società civile che è scesa per strada a fianco delle persone gay, lesbiche, intersessuali, bisessuali e trans. Fortunatamente c'è un'Italia che ha capito che il riconoscimento dei diritti delle persone LGBT è una questione che riguarda l'intera cittadinanza, laica, democratica e che crede nella Costituzione».
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