Gianfranco Amato: «I gay che vogliono sposarsi sono ricchissimi, l'Unar va chiuso e la Cirinnà va fermata per impedire i diritti costituzionali»


In diretta da Radio Padania, Gianfranco Amato (presidente dei Giuristi per la vita) si è vantato di come stia girando l'Italia per alimentare la paura riguardo ad una fantomatica «idologia gender». Ed è in quell'occasione che ha fornito alcuni dettagli che ci possono spiegare com'è possibile che tanta gente abbia creduto alle sue parole e abbia partecipato al Family Day romano.
Racconta che «la stragrande maggioranza della gente (ipotizza il 97%, ndr) non ha la più pallida idea di cosa sia questo diavolo di gender». Se ne deduce, quindi, che è su una tabula rasa che può fornire la sua personalissima opinione. La sua versione è che che qualcuno vorrebbe insegnare ai bambini «l'idea per cui uno è uomo o donna, maschio o femmina, non in base a come è strutturato biologicamente ma in base a quello che sente di essere al momento. Perché può essere transitorio. Io stamattina mi son svegliato e mi sento maschio e sono uomo, io domani posso sentirmi donna, dopodomani torno a sentirmi uomo, tra una settimana donna».
Vien da sé che sarebbe folle ipotizzare un qualcosa di simile, motivo per cui è facile immaginare che non sia difficile convincere chiunque creda a quella versione. Peccato che poi si sia lanciato in in un esempio pratico e che le sue rivendicazioni appaiano altre. Dice:

Il 4 novembre scorso, la prima sezione civile del tribunale di Messina ha emanato una sentenza con questo principio: che l'identità di genere di una persona può prescindere transitoriamente o definitivamente dall'intervento chirurgico che modifica i suoi caratteri primari sessuali (ossia la castrazione, ndr). Che cosa era successo? Un ragazzo di ventun anni si è recato all'ufficio anagrafe del comune di Messina e ha preteso che nella sua carta d'identità venisse indicato come sesso femminile e come attività "studentessa universitaria". Il funzionario dell'ufficio gli dice che non si può, una legge dell'82 ti consente di cambiare sesso ma devi fare l'operazione. Vai, fai l'intervento, torna e regolarizziamo i documenti. Il ragazzo gli ha detto che non si pensava neanche e che non voleva sottoporsi ad alcun intervento chirurgico. Ha detto che lui era donna perché si sente donna e il comune aveva il dovere di certificarlo. Ovviamente il funzionario ha dovuto esprimere un rifiuto scritto. Questo ragazzo ha impugnato il rifiuto in tribunale e i giudici del tribunale gli han dato ragione.

«Noooo, incredibile!», commenta il conduttore. Prosegue Amato:

La sentenza ha nella sua motivazione il seguente principio: i giudici han detto che l'identità di genere di una persona dipende da tre fattori: il corpo, l'autopercezione, il ruolo sociale. E analizzando il caso di quel ragazzo han detto che in quel caso lì il corpo avesse un [incomprensibile], quindi i giudici hanno accolto la domanda del ragazzo e hanno ordinato all'ufficiale di stato civile del comune di modificare l'atto di nascita, carta d'identità , ecc.
Oggi noi in Italia abbiamo già un uomo, un maschio, un titolare della coppia XY. Se questo ragazzo di Messina volesse avvalersi delle quote rosa, potrebbe farlo. Anzi, peggio, se questo ragazzo volesse sposare un uomo, oggi in Italia potrebbe farlo perché burocraticamente parlando all'anagrafe è donna anche se ha tutto l'apparato genitale: testicoli, pene, cromosomi maschili. Perché quello che conta non è più l'apparato genitale è quello che tu senti di essere.

L'ultima parte del discorso viene accompagnata dalle continue derisioni del conduttore. «I cromosomi sono dettagli», dice ridendo. «Io questa cosa del cambio di sesso la sto valutando... ma posso anche diventare un cavallo? Se io mi sento cavallo posso diventarlo?». Anche amato inizia a deridere la situazione e aggiunge: «Do un suggerimento ai politici in ascolto. Siccome è transitoria questa cosa, fate così: sentitevi femmine, approfittate delle quote rosa e poi tornate maschi».

Vien da sé che quelle pessime battute siano state lanciate per non far capire la serietà della questione. Il fatto che Amato si riferisca alla studentessa con il maschile (nonostante ci sia una sentenza che stabilisce chiaramente che l'uso del femminile sia dovuto in virtù della sua dignità personale) fa pensare ad un uomo che si sveglia la mattina e decide di essere donna, così si presenta in giacca e cravatta dai giudici ed ottiene ragione. Ma ovviamente non è questa la storia.
I giudici hanno appurato come la ragazza avesse intrapreso da tempo una terapia ormonale. Hanno constatate come fisionomia, gesti, voce e comportamento fossero femminili. Hanno persino sottolineato come gli ormoni avessero portato alla crescita del seno. Si è quindi dinnanzi ad una donna in tutto e per tutto. Molto semplicemente quella ragazza non voleva sottoporsi ad una pericolosa operazione demolitrice che avrebbe compromesso anche tutte la sue capacità sessuali (di fatto castrandola). Non viene così dato peso neppure alla situazione di una ragazza che per compiere i più semplici gesti quotidiani era costretta a dover essere umiliata da un dover spiegare a perfetti sconosciuti il perché i suoi documenti riportassero un nome maschile. Inoltre è curioso che un giurista faccia finta di non conoscere la legge, eviti di citare le modifiche del 2011 e ignori come la norma non indichi espressamente la necessità di modifiche agli organi genitali (tutto è chiaramente spiegato nella sentenza e perfettamente comprensibile anche a chi non ha studiato giurisprudenza).
Agghiacciante resta però la richiesta di Amato, ossia l'obbligare una persona a dover scegliere fra l'umiliazione o la castrazione, quasi come una sorta di punizione inflitta dallo stato per chi non ha un genere conforme ai propri cromosomi. E su queste forme di tortura c'è assai poco da scherzare.

Nel suo lunghissimo intervento, Amato sostiene anche che la piazza del Family day rappresenti «il popolo» e che la politica debba necessariamente piegarsi a quel volere. Rivendica anche la necessità di impedire l'approvazione di tre leggi ben precise (che lui sostiene debbano essere chiamate «tre porcate»): il ddl Scalfarotto, ddl Fedeli e il ddl Cirinnà.

Riguardo al contrasto all'omofobia, sostiene che l'estensione della legge Reale-Mancino all'omofobia porterebbe all'introduzione di «un nuovo reato di opinione». Secondo lui, infatti, nessuno sa cosa sia l'omofobia e che quindi i giudici potrebbero scegliere a proprio piacimento. Sul ddl Fedeli, sostiene che quella legge «dia dignità normativa all'indottrinamento gender nelle scuole» mentre in merito alla Cirinnà, dice che è una legge «che introduce il matrimonio omosessuale e relativa adozione».

Al tema delle adozioni viene dedicata una lunga digressione. Amato dice che:

Ci sono due aspetti. Uno è una foglia di fico, nel senso che questa legge dice che si estendono tutti i diritti del matrimonio tranne l'adozione. Però noi sappiamo benissimo che provvederà la Corte Costituzionale a eliminare questo inciso perché purtroppo esiste nel nostro paese un orientamento giurisprudenziale che dice che l'assenza di dati scientifici e dati di esperienza costituisce un mero pregiudizio il fatto che un bambino non possa crescere normalmente in una famiglia omogenitoriale. Quindi c'è già il precedente giurisprudenziale a cui si affiderà la Corte Costituzionale. Ma poi c'è un'altra norma che consente la stepchild adoption, cioè il fatto che se il figlio di uno dei due conviventi omosessuali -che poi praticamente diventano di fatto marito e moglie- ha un figlio e l'altro lo può adottare. E quindi entra anche da lì. In più c'è il via libera alla fecondazione eterologa per cui li potranno fare in provetta i figli.

In breve tempo ha dunque ammesso che non esistono prove scientifiche sul fatto che una famiglia omogenitoriale non possa offrire una crescita sana i bambini, si ammette che si sta cercandolo di impedire il riconoscimento di diritti costituzionali e si sostiene (falsamente) che la norma introduca la fecondazione eterologa (quando le norma non fa che estendere gli stessi diritti. motivo per cui si vole attribuire ai gay la responsabilità di una legge che esiste da anni per gli eterosessuali).

Quando il conduttore ha chiesto di spiegare che cosa sia la maternità surrogata (ovviamente in riferimento alle sole coppie omosessuali), Amato ha incalzato:

Siccome noi viviamo in una dittatura, spero che gli ascoltatori ne siano consci. In questa dittatura del pensiero unico, ovviamente si usano le forme consuete di dittatura fra cui una neolingua. L'Unar, che qualcuno ha proposto in modo molto intelligentemente di eliminare, ha indicato un decalogo per i giornalisti indicando dieci regole a cui bisogna essere sottoposti, pena essere deferiti all'ordine. Dieci regole su come e su cosa devono scrivere i giornalisti quando toccano i temi lgbt. Fra le tante follie -tipo che non bisognerà più usare l'espressione famiglia naturale, non si potrà più scrivere che un bambino per sua natura di sviluppo ha bisogno di un padre e una madre- ce n'è neanche una che dica che è vietato usare la locuzione "utero in affitto" perché dispregiativo e va sostituito con "gestazione di sostegno" o "maternità surrogata". In pratica è l'utero in affitto, cioè il fatto che due maschietti acquistano, magari nei capus universitari americani dove le ragazze per pagarsi gli studi o l'affitto si vendono gli ovociti, e poi trovano magari un'indiana che costa poco, a 500 euro, e lo fanno scodellare all'indiana.

Peccato che la maggior parte delle informazioni date siano false. Innanzi tutto il decalogo proposto dall'Unar (l'ufficio anti-discriminazioni) non è in alcun modo vincolate ma è stato redatto con lo scopo di fornire assistenza a quanti avessero dubbi sui termini più rispettosi da utilizzare (tant'è vero che ultimamente quasi tutti i giornali cattolici hanno intensificato l'uso dei termini offensivi, quindi è evidente che non ci siano vincoli).
La richiesta di non usare il termine "utero in affitto" è invece motivata dal fatto che «contiene in sé un giudizio negativo, sia sulla donna che porta avanti la gravidanza per altri sia su coloro che le chiedono di farlo»: e che quindi «giornalisticamente è una locuzione scorretta perché non è neutra e non lascia spazio all'indagine o alla formazione autonoma di un'opinione». Interessante è anche come precedentemente abbia chiarito che non c'è alcuna prova scientifica per sostenere che i figli delle coppie omogenitoriali crescano male, eppure qui lamenta che i giornali non lo possono scrivere.
Poco chiaro è anche perché sei suoi esempi sulla maternità surrogata siano scelti «due maschietti» e non una coppia eterosessuale, dato che la norma non «introduce» un bel niente ma allarga semplicemente ciò che la legge ora prevede per le coppie eterosessuali (se il problema fosse davvero quello, avrebbe senso combattere la norma e non sostenere che l'importante è che valga solo per gli eterosessuali). Inoltre è impossibile che due uomini vadano in India a far nascere un figlio dato che dal 2013 la legge indiana proibisce l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, single stranieri e coppie provenienti da paesi in cui questa pratica non è permessa. In pratica, due uomini non potrebbero mai lasciare il Paese con un figlio. Altrettanto curiosamente negli esempi non si dice mai come la maternità surrogata commerciale sia legale nella Russia di Putin (e quindi tranquillamente accessibile a tutte le coppie eterosessuali italiane).

Amato non manca poi di sostenere che per colpa dei «due maschietti» tante ragazze diventano sterili o muoiono e che i due «due maschietti» impongono all'indiana di abortire se il figlio «è difettoso». In conclusione si sostiene anche che al Family day abbiano partecipato anche «tanti omosessuali» perché «la stragrande maggioranza degli omosessuali la pensa esattamente come noi. C'è solo una piccola lobby ideologizzata, politicizzata e ricca che sta portando avanti queste battaglie». Dice anche che «ha vicino» a sé un omosessuale che condivide tutto quello che dice lui e che «questo qui omosessuale mi ha fatto una battuta: pensa a quanti eterosessuali si sono fatti una carriera politica sfruttando noi omosessuali»

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