Belgrado: pride blindato contro i nazionalisti. Preti ortodossi "purificano" le strade con acqua santa a fine manifestazione


Per la prima volta nella sua vita, il movimento lgbt serbo ha provato l'ebrezza di poter marciare al Gay Pride di Belgrado senza essere aggredito, insultato o preso a sassate. Tutto ciò è stato reso possibile dal primo ministro, Aleksandar Vucic, che ha disposto l'isolamento del centro cittadino. Un imponetene dispiego di forze di polizia ha isolato il corteo e circa 54 nazionalisti sono state arrestati per aver cercato di sfondare i cordoni, tra cui sette uomini a volto coperto.
Ad di là dei cordoni, numerosi nazionalisti e rappresentati della chiesa ortodossa che si erano accalcati nella speranza di poter intervenire e fermare la parata, così come già accaduto nel 2010 quando misero a ferro e fuoco la città e mandarono all'ospedale decine di manifestanti. Quelle violenze portarono a non concedere l'autorizzazione ai Pride del 2011, 2012 e 2013, tutti annullati dalle autorità per "motivi di sicurezza".
Le stime parlano di almeno 300 attivisti che hanno preso parte alla parata e 1.500 persone intervenute al raduno finale dinnanzi al municipio. Tra loro anche numerosi ministri del governo, il sindaco di Belgrado Sinisa Mali e svariati membri dell'Unione europea (il politico tedesco Volker Beck, l'ambasciatore tedesco Axel Ditman e l'attivista inglese Peter Tečel).

Al termine della parata, circa una settantina di persone hanno partecipato ad una processione che ha percosso il medesimo tragitto trasportando icone sacre e affidando ad alcuni sacerdoti ortodossi il compito di "purificare" con acqua santa le strade in cui erano passati i gay. Un retroscena che mostra chiaramente come il fanatismo religioso sia la fonte della violenza verso gay e lesbiche.
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