L'integralismo cattolico attacca Telefono Rosa: vietato denunciare la falsità


L'integralismo cattolico ha nuovamente dissotterrato l'ascia di guerra ed ha avviato la solita macchina del fango. Questa volta la vittima desinata è Telefono Rosa, l'associazione che si batta contro la violenza alle donne e che ha osato denunciare le falsità su sui si basa l'isteria gender e ha sottolineato come le rivendicazioni rischino di frenare il contrasto alla violenza sulle donne.
Per comprendere la situazione basterebbe anche solo leggere i tesi, ma purtroppo molte persone preferiscono fidarsi del sentito dire senza prendersi la briga di verificare se ciò che gli è stato raccontato sia vero o meno (soprattutto quando viene venduta loro anche una legittimazione dell'odio). Giusto fer fare un esempio, lo scorso luglio denunciammo la medesima evidenza. La Manif Pour Tous ci accusò di diffamazione, ma si guardò bene dal condividere il link all'articolo preferendo la pubblicazione di un'immagine contestualizzata. Fioccarono accuse e minacce di denunce, mentre l'evidenza numerica indicava che il numero di commenti negativi superava quanti avessero cliccato il link pubblicato su Twitter per andare a vedere perché si sostenesse una cosa simile. La difesa era a proprio e l'insulto gratuito (forse disinteressati com'erano nell'andare a leggersi un documento che avrebbe fatto cascare il loro cartello di carte).
Fa dunque piacere che stimate professioniste -che sicuramente hanno molta più esperienza nel campo rispetto a noi- confermino che i timori sulle conseguenze di quelle rivendicazioni fossero reali: quella norma avrebbe fermato il contrasto della violenza anche nei confronti delle donne (chiedo scusa per la lunga introduzione, ma ogni tanto fa piacere qualche sassolino dalla scarpa, ndr).

Tornando alla presa di posizione di Telefono Rosa, il post su Facebook in cui ne parlano è stato letteralmente preso d'assalto dall'integralismo cattolico. Lo schema del blitz ha seguito i soliti canali, ossia l'accerchiamento feroce e massiccio da parte di bande organizzate (con schemi aggressivi già visti sui social network quando si è trattato di togliere la voce ai personaggi che reputano scomodi per la loro propaganda). Va detto che dinnanzi a insulti e minacce, alcuni commenti sono stati rimossi dalle amministratrici della pagina (appiglio a cui una frangia di persone si è attaccato per sostenere di essere stati vittima di discriminazione dato che -a loro dire- sarebbe il centro anti-violenza ad avere «pregiudizi e stereotipi su chi non vi da ragione»), in questo file pdf abbiamo fotografato la situazione che abbiamo incontrato. Poi, dato che i nomi delle persone che commentano è legato ai loro profili, siamo andati a vedere di chi si trattasse. Ebbene, non c'è un solo commento negativo che non sia riconducibili ai gruppi impegnati nella diffusione del terrorismo gender (dalla Manif pour tous a Provita, da La Croce di Adinolfi alle conferenze di Gianfranco Amato, e dall'Uccr a Tempi).

C'è chi scrive: «Dite che quello che è successo a Venezia con la pubblicazione nelle scuole di libri di ideologia di genere erano finti? Complimenti a voi». Qualcun altro dice che una donna (forse in quanto donna) debba necessariamente essere madre e che quindi «voi che siete mamme aprite gli occhi piuttosto che seguire l'onda di non si capisce quale ideologia». Il primo dei due si presenta con l'immagine di Gesù crocefisso e risulta una fan di Costanza Miriano, l'altra ha un profilo che trabocca di materiale di promozione dell'isteria gender.

Non manca poi chi dice di essere stata testimone del pericolosissimo gender e di averlo visto con i propri occhi: «Io lavoro in una scuola in cui i progetti gender sono stati presentati -scrive una donna- ne ho analizzato personalmente i punti. Dietro la facciata di educazione all'affettività viene presentata l'educazione di genere che è la traduzione italiana fedele dell'ideologia gender [...] Per caso anche voi percepite fondi, così come pure accadde per le scuole che presentano questi progetti?». Curiosamente la sua pagina non fornisce indicazioni riguardo ala sua presunta carriera nella scuola, ma ben evidente è come l'immagine di copertina riporti la scritta "Je suis Amato" in riferimento al presidente dei Giuristi per la vita (tra i principali attori nella disinformazione sul tema).

Un altro utente (che si presenta con una pagina in cui si inneggia all'obiezione di coscienza nei reparti neonatali) dice: «Non esiste la teoria di genere, ma esistono gli studi di genere. Ebbene questi studi di genere sembrano essere molto più vasti di questa scuola all'interno degli studi di genere che vuole dirci che non esiste un sesso di appartenenza. Non capisco quali studi ci vogliano e quale scuola debba esistere che neghi l'evidenza che appare agli occhi di tutti. Siamo femmine e maschi. Normalmente attratti gli unì verso gli altri. Non esiste stereotipo. Esiste l'evidenza». Ed è sempre lui a sostenere che i suoi pregiudizi debbano essere messi sullo stesso piano rispetto ai pareri scientifici espressi da organismi come l'Oms, l'Unicef, l'Aip, l'Aipa dato che «in quanto alla serietà di certi organismi accreditati e comunità scientifica non esiste affatto unanimità di pareri e talvolta neppure correttezza di procedure».
A dargli corda è un uomo (fan di mario Adinolfi, autore di alcuni articoli di Provita e proprietario di un profilo in cui si mostra al Family Day in compagnia della moglie mentre indossano le magliette de La Manif Pour Tous Italia) che sostiene: «è un'altra grossa bufala che tutta la comunità scientifica dica questo. Chi riesce a parlare prima di essere intimidito lo esprime chiaramente. Non è che se uno grida più forte vuol dire che ha più ragione come insegna "After the ball". Si sa bene con quali mezzi le organizzazioni sopra citate hanno espresso i loro pareri, che sono pareri assolutamente non condivisi. Credo che su un pagina come questa sia del tutto inutile discutere, visto che l'offesa è la prima formula di dialogo, e la seconda l'arroganza».
Il primo utente è anche l'autore di un'altra perla di ignoranza, nella quale sostiene che «dal fatto innegabile che nasciamo maschi e femmine con tutte le sue conseguenze, si passa al fatto che si, si nasce maschi e femmine, ma ci si orienta diversamente. Oppure se si nasce diversi, il patologico diventa genere. Così facendo tutto è possibile. Persino la pedofilia, che è un orientamento, ma deviato. Eppure, nella logica gender, la pedofilia, in quanto libero orientamento, assume la sua dignità». Peccato che gli unici a sostenere che la pedofilia sia un genere siano Amato e Gandolfini.

Una donna che alterna versetti biblici ad articoli tratti dal gruppo d'odio come "No ai matrimoni gay in Italia" (e che peraltro figura fra gli amici di Pillon) pare proprio non riuscire a capire che nessuno ha mai proposto che un ragazzo possa «scegliere» il proprio sesso, tant'è che scrive: «Non vedo come insegnare ai bambini che il genere si può scegliere e cambiare a seconda del proprio umore possa evitare l'omicidio di una donna». In suo aiuto interviene un giovane che appare legato ad Azione Cattolica, pronto ad affermare: «Quando qualcuno dice che il dimorfismo sessuale è uno stereotipo di genere e che sentirsi donna quando invece si è un uomo è normale e legittimo, siano in piena ideologia gender». Le fa eco una donna (fan dei libri di Amato e di Adinolfi, nonché seguace di una serie di gruppi legati alle Sentinelle in piedi e alla Manif Pour Tous) che sentenzia: «L'educazione gender non ha nulla a che fare con l'emancipazione femminile».

Una seria professionista che lavora all'Asl si dice «davvero dispiaciuta» nel vedere che c'è chi «confonde gli studi di genere con la fantomatica e demagogica teoria del gender». Immediatamente una donna (iscritta a gruppi come "Associazioni Familiari del Lazio", "No alla ideologia gender nella scuola primaria di Cagliari", "Alleanza Cattolica" e "Unione Cristiani Cattolici Razionali") la prende in giro dicendo che «eppure ci sono tantissimi mezzi per informarsi. Ai tempi del nazismo la popolazione disse che non sapeva... oggi non si potrà più dire: io non sapevo cosa stava accadendo! Si dispiaccia di questa ignoranza e cerchi di informarsi».

Un professore impegnato nella diffusione di un libro di terrorismo gender si dice cero che quella fantomatica ideologia esista e sia «un delirio nemico della realtà che l'evidenza della natura!». Applausi a scena aperta gli vengono riservati da una fan di Amato e Adinolfi (nonché di uno sterminato gruppo di gruppi legati all'integralismo cattolico che spaziano da Tempi ai siti in cui si sostiene che l'omosessualità sia una malattia da curare) pronto ad affermare: «Non lasciamoci intimidire ! W la libertà di opinione!».
Interessante è come si sostenga che l'opinione possa contrastare il dato scientifico di una realtà, ma d'altra parte quello è lo slogan che quei gruppi gli hanno insegnato a furia di ripetere che l'omofobia e la violenza siano opinioni tutelate dalla Costituzione.

Una fan di Amato (che non manca di apprezzare anche Luca di Tolve e vari gruppi legati alle Sentinelle in piedi e alla Manif Pour Tous) fa vedere che ha imparato a memoria la lezioncina e inizia ripetere a pappagallo la lezione che Amato è solito fare: «Un tale, John Money era uno dei principali sostenitori della Teoria della neutralità di genere, secondo la quale l'identità sessuale si sviluppa in base al contesto sociale (quindi è appresa) nell'infanzia e può essere modificata attraverso opportuni interventi. Erano gli anni 60 e di strada il Gender ne ha fatta. Eccome!».
Al di là di come il suo racconto non sia arrivato neppure a presentare l'esperimento illustrato in ogni conferenza di Amato, interessante è notare come si sostenga che basti una singola ipotesi che si dovesse rivelare errata sul campo per dover buttare via qualunque considerazione precedente o successiva (praticamente bisognare tornare a domandarsi se la Terra sia piatta ad ogni ipotesi scientifica dovesse rivelarsi errata, mentre ben sappiamo che il dato viene immagazzinato e che il fallimento è parte del processo che porta ad affinare le teorie).

Un tale che pubblica una maglietta con la frase "Je suis Pillon" (ossia a sostegno del presidente del Forum Famiglie dell'Umbria) dice: «Purtroppo vi ha contagiati l'ideologia... peccato, le donne avrebbero bisogno di un aiuto vero non di un istituto che appoggia un'ideologia pervasiva e distruttiva della personalità dei più innocenti. Siete nati per dare aiuto alle donne che soffrono per vari motivi ora siete ridotti ad appoggiare il gender. Che peccato». A dargli corda interviene una fan della trasmissione di Mario Adinolfi su Radio Maria, pronta a sostenere che «Sono molto delusa... non approvo le scelte di Telefono Rosa! Come potete non cogliere la realtà di tanti progetti che hanno lasciato sconcertati e intimoriti molti genitori?».

Poi c'è la sentinella che cita a memoria Adinolfi nel dire: «Ogni bambino adottato cerca i propri genitori naturali e la propria storia... L'identità è fondamentale per una sana crescita» (poco chiaro è anche cosa c'entri quel discorso) o il fan di Povia che legge Amato e dice: «Ma davvero voi pensate che si riducano le violenze contro le donne diffondendo l' ideologia di genere o anche chiamata dell'indifferenziazione sessuale?».
C'è chi poi chi supporta l'omofobia di Provita ed afferma: «E per prevenire la violenza dovete insegnare che maschio e femmina è uno stereotipo e un luogo comune?? Ma di che accidenti state parlando?? Ma ci avete presi per cretini?? Non ho capito... ma poveri bambini... questa è la vera violenza... quella che volete fare voi alla psiche dei bambini».
Qualcun'altra arriva persino a citare Provita come fonte attendibile per contrastare le tesi di enti autorevoli. E dinnanzi a chi osserva che quella non è certo una fonte scientifica (casomai è causa dell'isteria e della disinformazione che oggi dobbiamo combattere) c'è chi si lancia subito nel sostenere che non servono fonti se si parla di fatti (ed evidentemente a lui poco importa se siano fatti reali o meno).

Un uomo che afferma di aver fondato un gruppo basato sulla propaganda di Gianfranco Amato non manca di tirare in ballo la solita maternità surrogata (che stando ai proclami dell'avvocato, va bene se ad accedervi sono gli etero ed è «commercio di organi umani» nel caso dei gay) e dice che Telefono Rosa non dovrebbe occuparsi della prevenzione della violenza ma «la mercificazione della donna e la vendita di bambini con pacchetti "all inclusive" vergognosi. Ecco cosa dovreste combattere».
Ed in conclusione non poteva mancare la lettrice di LoSai che tenta di screditare Telefono Rosa dando ragione agli omofobi che hanno postato le loro assurdita. Ed è così che scrive: «Grazie per averci chiarito che la teoria di genere esiste e che sta entrando nelle nostre scuole tra i nostri figli. Questa ammissione è quello che ci voleva. Ormai è chiaro a tutti. Non permetterò a nessuno di manipolare i loro ingenui e puri sentimenti. Non permetterò che la loro infanzia e adolescenza venga disturbata da imposizioni di ideologie di genere».

Insomma, la tattica è quella di darsi ragione a vicenda e di cercare di screditare chiunque metta in discussione il pensiero unico catto-fascista, giungendo poi sempre a dichiararsi maggioranza (così come faceva anche la propaganda fascista) nonostante nessuno sia in grado di addurre motivazioni che non siano un «l'ideologia gender esiste perché l'ha detto Amato» o «l'ideologia gender esiste perché l'ha detto Provita». Ma nel gioco di specchi dell'integralismo, pochi personaggi hanno ruoli in molteplici sigle in modo che il loro parere possa aver per due, tre o quattro. Il tutto cercando di creare una rete in cui ci si da ragione da soli per sostenere che tutti concordino con ciò che si dice.
Da parte nostra c'è ovviamente piena solidarietà con Telefono Rosa dinnanzi al vile attacco con cui c'è chi cerca di screditare il loro impagabile impegno in difesa della vita e delle donne.
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