Tempi gioca con i numeri per sostenere che i gay siano il gruppo meno discriminato d’Italia


Ormai siamo al mobbing. Non passa giorno senza che Tempi se ne esca con un qualche articolo volto ad alimentare l'odio verso gay e lesbiche, spesso attraverso dati molto discutibili. Questa volta la vergogna è un articolo intitolato "Italia omofoba? Mica tanto. E non lo dice Mario Adinolfi ma i dati dell'Unar".

Con il solito tono strafottente di chi reputa che gay e lesbiche non merito il minimo rispetto (al contrario di chi fomenta ad una violenza che mira a distruggere ile loro vite attraverso la negazione dei più basilari diritti civili previsti dalla Costituzione), il giornale di Amicone esordisce affermando:

Sorpresa: i gay sono il gruppo sociale meno discriminato d’Italia. Non è Mario Adinolfi a dirlo, sono i dati dell’Unar, l’Ufficio Nazionale Andidiscriminazioni razziali, quello, per intenderci che ha promosso l’introduzione di opuscoli pro-gay nelle scuole e che ha richiamato, con un documento ufficiale, Giorgia Meloni ad abbassare i toni quando parla di immigrazione. Quindi: un ente pubblico (dipende dal Ministero delle Pari Opportunità) al di sopra di ogni sospetto.

Si passa poi al chiarire che la fonte non sia l'Unar, ma quanto affermato da una serie televisiva prodotta da Panorama. Ed è così che l'articolo di Tempi prosegue nel sostenere:

Ed è proprio l’Unar a svelare che il motivo principale per il quale le persone si sentono discriminate non è affatto l’orientamento sessuale ma sono le origini etnico-razziali. A rivelarlo è #Truenumbers, la prima web serie di informazione giornalistica distribuita su internet anche sul sito di Tempi. La caratteristica di #Truenumbers è quella di raccontare la realtà attraverso i numeri, sempre di fonte ufficiale, e non attraverso sensazioni o episodi di cronaca. E per questo il giornalista di Panorama Marco Cobianchi è andato a vedere tra i numeri ufficiali dell’Unar e ha scoperto che l’ambito nel quale si discrimina di più sono i mezzi d’informazione, che ha raccolto il 24,9 per cento delle denunce totali nei 2014. I motivi che fanno scattare una segnalazione possono essere i più diversi: titoli razzisti, articoli discriminatori, fotografie fuorvianti, sono tutti fattori che giustificano una segnalazione da parte di chi si sente discriminato a causa, ad esempio, dell’identificazione del responsabile di un reato con un’intera etnia.

C'è però un problema. Sia Tempi che il giornalista di Panorama non solo si fingono stupiti che il razzismo mieta più vittime dell'omofobia (cosa peraltro dichiarata da tutti), ma dimenticano un dettaglio non proprio irrilevante: i gay siano il 10% della popolazione.
Se si prende il totale delle denunce e si fanno delle statistiche secche, vien da sé che un 10% della popolazione non possa produrre un numero di denunce maggiore rispetto al restante 90%. Tant'è che se i due numeri venissero rapportati, l'8% del totale proveniente dal 10% della popolazione porterebbe ad un 80% di gay che hanno sporto denunce. Se poi dovessimo affidarci ai dati di Adinolfi (che sostiene che i gay siano solo il 3% della popolazione) avremmo più di due denunce per ciascun gay!
Ovviamente non non vogliamo fare il gioco di Tempi nel tentare di attribuire un valore a dati estrapolati dal contesto, motivo per cui appare evidente che l'8% none equivalga ad un 80% perché andrebbe ripartito su un campione ripartito sul base demografica di chi ha presentato le denunce... ciò che conta è come un semplice conto sia sufficiente a smontare la tesi sostenuta da Tempi.

Dato che il giornale integralista non perde occasione per attaccarlo, verrebbe anche da pensare che Tempi dovrebbe ben conoscere il documento Unar sulla "Strategia nazionale lgbt"... e in quelle pagine viene chiaramente contestualizzato il dato dell'omofobia in Italia: un 40% della popolazione non tollera che una persona possa avere una relazione con persone del proprio sesso, il 55,9% afferma che “se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero più accettati” e quasi il 30% ritiene che la cosa migliore per un omosessuale sia non dire agli altri di esserlo. Il 62,8% del campione è favorevole alle unioni civili, il 43,9% al matrimonio ed il 20% all'adozione.
Si nota così come «Questi dati indicano ancora una titubanza nella percezione delle discriminazioni per orientamento sessuale della popolazione italiana, dovuta sia a fattori prettamente culturali relativi ad un modello normativo di tipo tradizionale (nel quale l’eterosessualità è l’unico modo legittimo e socialmente accettato di espressione dell’orientamento sessuale e l’omosessualità un disvalore) sia al fatto che molte persone LGBT non desiderano rendere pubblica il proprio orientamento come forma di difesa preventiva dal rischio di discriminazione ed esclusione».

Ma è ignorando l'evidenza che Tempi prosegue nel sostenere:

Nella seconda puntata di #Truenumbers, vengono rivelati i motivi di discriminazione sul posto di lavoro, principale momento di aggregazione sociale. Ebbene, dal numero delle denunce arrivate all’Unar nel 2014 si scopre che le persone, al lavoro, vengono discriminate soprattutto per motivi etnici o razziali mentre le denunce arrivate dagli omosessuali sono appena il 2,38 per cento del totale, ultimi in classifica. Significa che sul posto di lavoro sono molto più discriminati di loro gli anziani e le persone disabili.

Non sarà forse perché un nero non può nascondere il colore della propria pelle così come un disabile è obbligato a dichiararsi come tale? Non secondo Tempi, pronto a sostenere che questo sia il motivo per cui i gay stanno bene e non c'è motivo di occuparsi di quel 10% della popolazione che genera il 2% delle discriminazioni sul lavoro.
Ma anche qui avrebbero dovuto informarsi dato che il numero è stato contestualizzato proprio dal referente dell'Unar Marco Buemi. Dinnanzi a quei numero (diffusi nel 2014) ha spiegato: «Le discriminazioni sul lavoro sono di certo molte di più delle segnalazioni che arrivano sul nostro sito o al nostro numero verde. Le persone denunciano se non riescono a entrare perché non hanno nulla da perdere. Non denuncia invece chi è già assunto: se sei già dentro diventa più problematico. Si accettano condizioni svantaggiate e si fa un compromesso con se stessi per non rompere il rapporto con il datore di lavoro, soprattutto in questo momento di crisi».

Allora vien da chiedersi perché Tempi proponga dato vecchi idi mesi per sostenere tesi ampiamente smentite al momento dell'uscita dei dati, sostenendo che un dato secco e decontestualizzato debba valere più di uno studio statistico ragionato. Il timore è che la risposta sia semplice, ossia che ogni occasione sia buona per alimentare odio.
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