Toni Brandi shock: «I matrimoni gay danneggiano la famiglia perché non sarà più possibile estromettere il partner dall'eredità»


Tra paginoni ideologici e la vendita di ingenti spazi pubblicitari, Il Tempo pare ormai essersi trasformato in una succursale dell'associazione ProVita. Il tutto lasciando che Toni Brandi (presidente di ProVita) risulti autore di una serie di articoli propagandistici, ovviamente privi di qualunque contraddittorio, volti a spacciare per notizia ciò che è mera disinformazione ideologica.
È ad esempio di oggi un nuovo pezzo intitolato "I matrimoni gay danneggiano la famiglia", nel quale Brandi afferma che il rinvio della discussione del ddl sulle unioni civili gay al Senato deciso ieri è incoraggiante ma dobbiamo essere consci che siamo di fronte a una bomba vagante pronta a esplodere». Ed ancora: «È discriminante estendere i diritti oltre i vincoli tradizionali Una legge pensata a favore di una minoranza limita la libertà ed è ingiusta».

Si parte così a sostenere la necessità di garantite benefici economici sulla base dell'orientamento sessuale, sostenendo che una coppia eterosessuale senza figli valga di più di una coppia omosessuale senza figli (che però sarà sfruttata per coprire i costi dei privilegi altrui, trovandosi a pagare la reversibilità a Brandi senza poterne mai beneficiare):

Molti pensano che dare diritti a una minoranza non ne toglie a nessuno, ma questa affermazione è pretestuosa, ingiusta e falsa. Pretestuosa perché i diritti che si reclamano per i conviventi gay già sono riconosciuti: subentrare nel contratto di locazione, visite in carcere e in ospedale. Resta fuori solo la pensione di reversibilità. Predisporre un regime pubblico, simile al matrimonio, per una unione diversa, basta per renderla ingiusta. Sarebbe infatti contrario al principio di non discriminazione che non impone soltanto di trattare in maniera uguale situazioni uguali, ma anche di trattare diversamente situazioni diverse. La famiglia naturale (uomo e donna) fondata sul matrimonio e atta alla procreazione è una situazione profondamente diversa dall'unione di due omosessuali. Predisporre un regime sostanzialmente uguale al matrimonio per unioni civili tra persone dello stesso sesso è una vera ingiustizia nei confronti del matrimonio e un privilegio ingiustificato e irragionevole. Si immagini, in caso di norme di diritto tributario, imposte uguali per le persone ricchissime e per l'impiegato medio: per tutti noi sarebbe una ingiustizia.

Si passa poi al sostenere che la parità di diritti rappresenti un danno per gli eterosessuali, sostenendo che l'impossibilità di non poter discriminare sia una violazione dei diritti degli omofobi:

Infine è falso dire che predisporre un regime pubblico simile al matrimonio per persone dello stesso sesso non "tocca" i diritti altrui e non reca un danno alla società poiché qualsiasi diritto implica sempre doveri corrispondenti in capo ad altri. Per fare un esempio, il diritto assoluto di proprietà implica il dovere di riconoscere il titolare del bene, di non appropriarsi della cosa e non utilizzarla senza il consenso del proprietario. Lo stesso si verifica relativamente ai "diritti" riconosciuti ai conviventi omosessuali: implicano doveri in capo ad altre persone con limitazioni di diritti o di libertà. Per esempio la legge dispone che l'unione civile si costituisce mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile che deve iscrivere l'unione in apposito registro. Questo presuppone in capo agli ufficiali di stato civile il dovere di riconoscere e registrare le unioni gay. Ciò non è per nulla scontato. Alcuni potrebbero opporsi al riconoscimento per ragioni di coscienza. Si crea in altre parole una frizione tra il riconoscimento pubblico dell'unione e la libertà di coscienza, la libertà religiosa o di espressione (costituzionalmente garantite). Lo stesso vale per i sindaci, i delegati, gli impiegati.

Stando a questo ragionamento, un razzista deve poter rifiutare di celebrare matrimoni fra persone di colore (non sarebbe forse una violazione il chiedergli di non dare libero sfogo al suo odio?) così come chiunque dovrebbe avere il diritto di rifiutarsi di fornire beni e servizi allo stesso Brandi (in fondo la sua ideologia è contraria al sentimento di milioni di persone, quindi perché mai non lo si dovrebbe poter discriminare)? Insomma, una volta aperta la strada alla legittimazione della discriminazione, ogni pretesto dovrebbe esssere buono per legittimare qualunque cosa.

Ma è nel finale che Brandi tocca il fondo, lamentando come:

Questo è forse il più importante, ma non è certo l'unico caso concreto di "limitazione" di diritti o libertà in capo ad altri: si pensi alle "convenzioni matrimoniali" (il cui regime si applicherebbe anche alle unioni civili) che sono per loro natura opponibili a terzi; oppure al diritto successorio: la successione legittima spetterebbe anche al partner omosessuale del defunto con grandi limitazioni alla parte di eredità che può essere devoluta ai (veri) familiari (genitori o figli biologici del solo defunto), indipendentemente da ciò che il defunto abbia disposto volontariamente in testamento. Ecco perché affermare che "concedere diritti" ad alcuni, non toglie nulla a nessuno" è pretestuoso, ingiusto e falso.

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