La speaker di Radio Padania: «Se ai trans non viene negala la dignità, io mi confondo sulla mia identità»

Il senato accademico dell'Università di verona ha approvato un progetto volto a permette agli studenti trans si poter inserire sul libretto il nome corrispondente al proprio genere anche prima di aver concluso tutte le pratiche necessaria alla modifica dei documenti. In una nota veniva spiegato come «in Italia non è più necessaria l'operazione di riattribuzione chirurgica del sesso» ma «la variazione anagrafica deve tuttavia essere autorizzata da medici e giudici, in un lungo percorso durante il quale il soggetto mantiene il nome originario. Questi vincoli impediscono alle persone transgender di ottenere in tempi rapidi documenti che rispecchino la loro identità, limitando il loro diritto allo studio e al lavoro».
Non ci vuole molto a capire che la finalità è il permettere ad una transessuale di potersi presentare agli esami senza dover dare spiegazioni ad un perfetto sconosciuto del perché sul suo libretto ci sia scritto un nome maschile, ma purtroppo qualcuno pare non arrivare a comprendere questa semplice evidenza.

È il caso di Ilaria Maria Preti, una speaker di Radio Padania Libera (l'emittente radiofonica ufficiale della Lega Nord) che si vanta si scrivere «come web content specialist per varie testate giornalistiche e blog» dopo essesi formata «scrivendo da adolescente sul giornalino della parrocchia».
Dalle pagine di Cronaca Ossona, la donna ricorre a ciò che l'integralismo sa fare meglio: denigrare e ridicolizzare i diritti e la vita altrui partendo dal presupposto che ogni altra esperienza di vita o ogni altra opinione non debba valere quanto le proprie. Ed è così che, dopo aver sommariamente riassunto la notizia, la donna ironizza:

Dopo ciò mi sono convinta che l’università di Verona sia strapiena di persone transgender e che tutte le migliaia di studenti che la frequentano hanno un libretto universitario con il nome vero e uno con il nome gender e ho avuto la visione di tutti questi studenti che cercavano la targhetta sulla porta degli uffici, confusi quanto me, senza riuscire a trovare il nome giusto. Invece, pare che la questione a Verona riguardi poche persone, pochissime in Università, ma che per dare loro un contentino psicologico, di scarsa concretezza oltrettutto, si sia rivoluzionata l’identità sessuale di qualche migliaia di persone. Una legge “ad personam” quindi, ma che piega alla confusione anche chi, prima, confuso non era. Si può capire che non costi nulla, chiamare un transessuale con il nome che si è scelto, anche che si possa sacrificare un po’ di carta per dargli un libretto universitario con un nome di genere opposto, che affianchi quello anagrafico, ma se quella consulta di giudici e di medici non si è espressa è perché cambiare sesso non deve essere una cosa che si fa la mattina appena alzati dopo, o prima di aver bevuto il caffè.

Poche righe che racchiudendo il disprezzo di chi reputa che le minoranze non siano degne di diritti dato che bisognerebbe occuparsi solo delle maggioranze (o più probabilmente solo di ciò che porta un vantaggio o un guadagno alla signora Preti) e si sostiene che i diritti altrui creino confusione negli altri. Insomma, per colpa dei transgender la signora Preti dichiara che lei non capisce più se sia una donna o un uomo dato che la certezza della sua identità sessuali deriverebbe esclusivamente dall'imposizione forzata del nome di nascita sul suo libretto universitario.
Si sostiene anche che il cambiamento di sesso (che può richiedere anni ed anni) deriverebbe da una scelta frivola così come Gianfranco Amato è solito sostenere proprio dalle frequenze della sua radio, spingendosi sino a sostenere che l'identità e la dignità umana debbano essere calpestatati con torture psicologiche durante il lungo processo che è richiesto per poter riconosciuto il cambiamento di sesso da parte dello stato. Il sostenere che qualcuno cambi sesso prima id bere il caffè è un'offesa gratuita oltre che un'assurdità.

Riconfermando la matrice ideologica dei suoi insulti, la speaker padana aggiunge:

Il libretto gender non conta, ufficialmente. Il caso apre, però, la discussione su quella teoria educativa della “scelta del sesso al mattino appena svegli”, che tanti dicono che non esista, ma che lascia traccia di sè praticamente in tutte le scuole di ordine e grado.

Ringraziamo la signora per averci confermato ancora una volta una chiara evidenza: se il "gender" non esiste, esiste l'ignoranza e la cattiveria di chi spera di poter imporre discriminazioni attraverso la ridicolizzazione e la falsificazione della realtà. ma forse tutto questo discorso non serve, dato che chi si prende gioco della vita e della signità altrui è una persona che si dequalifica da sola.


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