Treviso: licenziato perché sieropositivo e gay

L'ennesima storia di ordinaria omofobia ci giunge da Treviso, dove un ragazzo 35enne, omosessuale e sieropositivo, è stato licenziato da un piccolo supermercato a conduzione familiare dove lavorava come cassiere. I suoi datori di lavoro tirarono in ballo presunte "ragioni economiche" che non avrebbero permesso di mantenere un dipendente esterno, ma solo pochi giorni dopo assunsero un'altra persona. A far presumere che l'orientamento sessuale del ragazzo abbia influito con la scelta sono le continue battutine con sui i suoi datori di lavoro hanno sempre espresso disappunto verso la sua omosessualità.
Secondo l'ufficio vertenze della Cgil, «le motivazioni economiche erano chiaramente infondate» ma purtroppo «l'uomo ha deciso di non proseguire con la causa e di rinunciare: andare in giudizio avrebbe significato rendere nota la sua condizione alla famiglia, attualmente all'oscuro di tutto». Si configura così una situazione in cui la paura di essere vittima di uno stigma sociale porta i carnefici a poter rimanere impuniti per le proprie azioni.
Il caso è accaduto un anno fa ed è stato reso noto solo ora nell'ambito dell'incontro "Lavoro e omosessualità" organizzato in collaborazione con il Coordinamento Lgbte Treviso e Rete Lenford. I dati emersi in quella sede sono davvero preoccupanti, oltre 150 casi di discriminazione sul luogo di lavoro legata all'orientamento sessuale registrati sul territorio nazionale.
I sindacati denunciano: «C’è ancora chiusura e riservatezza rispetto a questi temi, non è facile chiedere aiuto a un sindacato. Inoltre si tratta di discriminazioni non facili da dimostrare, c’è un problema per quanto riguarda l’ordine della prova: le più facili sono quelle testimoniali, ma non sempre i colleghi accettano di rendere la loro testimonianza contro il proprio titolare, col rischio implicito di perdere il lavoro».


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