Dopo il caso Uci, la propaganda di Provita sbarca anche sulla rivista free di Acqua & Sapone


Non accennano a scemare le proteste per la proiezione di spot propagandistici firmati da Provita all'interno delle sale Uci Cinemas e già è possibile trovare il medesimo materiale in altri contesti inaspettati, come all'interno della rivista gratuita di Acqua&sapone (legato all'omonima catena di negozi) che viene capillarmente distribuito in tutta Italia attraverso una rete di 700 punti vendita e altri bar, esercizi commerciali e qualche volta persino nelle metropolitane.
È dunque tra la vendita di un detersivo e di un bagnoschiuma che ai clienti veniva fornito una rivista contenente anche un curioso articolo, firmato da un tale Francesco Buda, dal titolo "Utero in affitto: il mercato dei bimbi".
Il tema è dunque quello della gestazione per altri, già di per sé introdotta attraverso l'uso di un termine dispregiativo coniato dall'integralismo cattolico. Pare dunque che la terminologia stessa permettesse far presupporre le tesi che sarebbero propinate, anche perché equivarrebbe a pubblicare un articolo sui gay premurandosi di chiamarli "froci" per tutto il tempo.
Ma è attraverso un uso sempre più feroce delle parole che l'articolista parla di «bambini su ordinazione» e di «prodotti che vengono ceduti». Si sentenzia che i termini scientifici per parlare di tale pratica debbano essere reputate «parole malate» e si afferma si sia sia dinnanzi ad un «commercio efficiente, ma devastante». Da qui si passa anche al sostenere che serve ragionare sul fenomeno dato che bisogna solo condannarlo a propri sulla base di una qualche domanda ideologizzata:

Potremmo usare parecchi e articolati ragionamenti. T ante le informazioni giuridiche, antropologiche, scientifiche, sociali, psicologiche e i numeri da sfoderare. Questa volta, però, a chi scrive non sembra il caso di entrare in tanti meandri, come facciamo con le solite inchieste che vi proponiamo sulla rivista Acqua&Sapone. Non appare necessario spaccare in quattro il capello, inerpicandoci tra mille sfaccettature, dati e voci intorno alla sacralità del bambino e del diventare genitori. Per andare al sodo, talvolta, tante informazioni non servono. Anzi, possono solleticare troppo la mente, senza toccare la coscienza.
Le risposte ce le abbiamo dentro. Una domanda, prima di tutto e soprattutto: ma tu cederesti ad altri tuo figlio? E poi: ti piacerebbe essere una persona generata e smerciata in questo modo? Sono questi il progresso, l'eguaglianza, la civilizzazione?

L'articolo passa così a citare gli slogan che si è soliti ascoltare ai convegni di Gianfranco Amato, giungendo ad attaccare chiunque abbia una visione diversa dalla loro (ovviamente sostenendo che siano le aziende e non le persona a dissentire). Si legge: «Il marketing delle ditte che offrono questi cosiddetti servizi parla di gesto altruistico, di solidarietà verso chi non può avere figli. Mentre qualche testa liberale con mentalità 'aperta' dice che se non ci sono di mezzo i soldi allora si può fare, perché ha un valore di generosità nei confronti di coppie sfortunate. Ma della dignità, dei diritti e del rispetto dei bambini così prodotti nessuna traccia in certi discorsi. Tutto ciò, però, non è il noioso o ardito tema di dibattiti astratti».
Insomma, spacciandola quasi come una verità rivelata, sostengono che sicuramente alcuni bambini avrebbero preferito non venire al mondo dato che ai cattolici non piace la modalità che li ha fatti generate, così come ci dicono che qualunque ragionamento o testimonianza (spesso portate da chi ha deciso di dare la vita e di creare una nuova famiglia) non debbano manco essere ascoltati.

Il capitolo dedicato a quello che viene definito «turismo procreativo» asserisce che India, Russia ed Ucraina siano la meta preferita dagli italiani. In realtà è dal novembre del 2015 che l'India ha a vietato ogni forma di gestazione per altri rivolta alle coppie di stranieri, così come pare strano che si citino con tanta disinvoltura Ucraina e Russia dato che le organizzazioni cattoliche italiane che dicono di battersi contro tale fenomeno sono solite indicare quelle terre proprio una meta a cui ambire.
Ma è senza particolare attenzione verso questa incongruenza che l'articolo inizia a parlare proprio dell'associazione guidata da Toni Brandi. La loro teorie è che «al Senato italiano veniva presentato lo shoccante documentario sull'utero in affitto, lanciato dalla Onlus ProVita, insieme ad altre iniziative trasversali di diversi parlamentari di tutti i colori politici. Il video si chiama “Breeders – Donne di seconda categoria?” ed offre le testimonianze di donne americane che hanno dato in affitto il proprio apparato riproduttivo, ma anche di chi è stato messo al mondo con queste procedure: madri con il cuore a pezzi per non poter più vedere i bimbi che hanno portato in grembo e figli deprivati della relazione con la mamma, senza nemmeno sapere il nome della donna li ha generati».
Tralasciando come il termine «parlamentari di tutti i colori politici» si riferisca a Lucio Malan e Carlo Giovanardi, il video citato è proprio quello proiettato a pagamento nei cinema italiani da Provita Onlus. Peccato che anche qui alcune affermazioni paiono opinabili: andrebbe detto che il video non è certo citabile per la sua imparzialità dato che è stato realizzato dal Center for Bioethics and Culture Network dell'attivista statunitense Jennifer Lahl (quella che sarebbe dovuta essere l'ospite d'onore del Family day se non avesse disertato all'ultimo). Andrebbe raccontato che la maggior parte degli stati prevede che la madre abbia un mese di tempo per avere ripensamenti, così come la Russia pare uno dei pochissimi stati a garantire l'anonimato della madre biologica (negli altri casi dovrà essere espressamente indicata nell'atto di nascita). Altresì, sarebbe stato onesto notare che nessuna di quelle donne è stata obbligata a scegliere di portare in grembo quei bambini.

Ma è sempre citando un'iniziativa dell'associazione Provita e di Lucio Malan che l'articolo prosegue con il sostenere che «a dare la sveglia al nostro Parlamento, qualche mese prima, è stata Elisa Anna Gomez, che nel 2016, a corto di soldi e con due figli da sfamare, si è prestata a questa pratica per rimediare un po' di soldi, negli Usa».
La Gomez è l'altra donna che avrebbe dovuto partecipare al Family day ed è stata portata in Italia a spese del comitato di Gandolfini e di Provita in un'ottica di opposizione alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, quasi a voler indicarci come a loro non interessi tanto la pratica in sé quanto la possibilità di poterla strumentalizzare contro i gay. E pare sufficiente leggere le citazioni riportate da Acqua&Sapone per poter avere qualche dubbio sull'attendibilità della sua testimonianza, sempre che non si voglia credere che è senza motivo che un giudice avrebbe deciso di impedirle di continuare a vedere la figlia e le avrebbe contestualmente imposto di contribuire con 600 dollari al mese al suo mantenimento. La giustizia statunitense sarà anche strana, ma credere sulla fiducia che il giudice non avesse argomentazioni per una tale decisione pare un po' troppo.
Si arriva così al solito slogan volto a sostenere che i bambini sarebbero «le vittime più indifese». Una sin troppo ripetuta dall'integralismo cattolico, anche se forse bisognerebbe quantomeno notare che quei bambini non sarebbero mai nati se si fosse dato ascolto a chi sostiene di "difendere" i loro diritti. Eppure l'articolo pare voler perdere tempo nello spiegare perché mai sostenga che delle donne che decidono volontariamente di portare avanti una gravidanza siano da ritenersi delle "schiave" o perché mai i loro figli siano da ritenersi "vittime" perché cresciuti da famiglia che li amano.
Forse saremo retrogradi, ma le vere vittime sono quei bambini che vangono lasciti nell'abbandono, quei ragazzi che subiscono violenze dai genitori o persino i bambini delle coppie omogenitoriali quando subiscono le richieste di Provita atte a togliere loro qualunque tutela giuridica in modo da renderli orfani di un genitore con cui vivono quotidianamente. Ma l'autore dell'articolo si dice certo che «queste moderne schiave se non altro possono parlare. E la cosa rimane comunque aberrante. Ma i bambini non possono fare nulla e se piangono nessuno li sente. Sono le vittime assolute e più indifese di questi traffici».
Se non si comprende parché mai quai bambini dovrebbero piangere, in tale contesto pare immancabile anche il tirare in ballo pure l'aborto: «Il paradossale contraltare della 'conquista' di poter sopprimere i bambini prima che nascano col sostegno dello Stato, l'aborto, è ora il poterseli produrre su ordinazione, in un libero mercato senza che i bambini abbiano più alcun diritto e rispetto».

E se sino a qui si è parlato di nazioni in cui solo le coppie eterosessuali possono accedere alla gestazione per altri, nell'articolo pare non si voglia far mancare un attacco ai gay e alla possibilità che i figli delle coppie omogenitoriali possano ottenere le medesime tutele giuridiche da oltre trent'anni la legge italiana riconosce e garantisce a chi ha due genitori di sesso diverso pur essendo nato nel medesimo modo.
Facendo finta di non sapere che alcune coppie gay abbiano figli avuti da precedenti relazioni e citando a memoria la propaganda di Provita, il signor Buda aggiunge:

Il primo testo del disegno di legge della senatrice Monica Cirinnà sulle unioni civili, apriva un varco a tutto ciò attraverso la stepchild adoption, ossia l'adozione del figlio del partner (quindi anche i figli prodotti mediante utero in affitto all'estero). “È vietato separare i cuccioli di cani e gatti dalla madre prima dei 60 giorni di vita, se non per gravi motivazioni certificate da un medico veterinario”. Lo stabilisce l'articolo 8 comma 6 del Regolamento per la tutela degli animali del Comune di Roma, che si occupa anche di ragni, uccelli, artropodi, insetti, pesci, rettili e tartarughe, in vigore dal 2005. Firmato: Monica Cirinnà, allora delegata del Sindaco Veltroni. Quello che vale per i cani, non vale per i bambini.

Se pare superfluo ricordare che i bambini non sono cani, meno superfluo è osservare come tutto il materiale presentato e le tesi sostenute prendano in considerazione solo ed elusivamente una posizione di parte senza mai citare chiunque abbia opinioni diverse. E chissà, forse è quello il motivo per cui nel gennaio del 2014 era proprio l'associazione Provita a parlare degli articoli di Francesco Buda per ringraziarlo pubblicamente di aver sostenuto la loro teoria riguardo al fatto che l'Oms volesse "sessualizzare" i bambini e insegnare ai neonati come masturbarsi. Nulla di reale, ovviamente, ma ai tempi quella storiella era il cavallo di battaglia della propaganda integralista.
Ma a meritare un po' di riflessione è anche come l'intera crociata ci siano sempre gli stessi nomi e le stesse associazioni, rogorosamente coinvolte anche nel tentativo di creare un inesistente legame tra la gestazione per altri (ossia il modo in cui si nasce) e la stepchild adoption (ossia la garanzia di tutele per chi già e nato). Il tutto, peraltro, ricorrendo sempre ai testi testimoni quasi non riuscissero a trovare nessun altro disposto ad assecondare le loro teorie.
E quando si forniscono tesi senza neppure sprecare tempo ad argomentarle o quando si generalizzano casi specifici senza dare voce alla controparte, allora forse si può temere di essere dinnanzi ad una propaganda e non a chi vuole sviscerare un tema per permettere al lettore di farsi un'idea propria sull'argomento.

Immagini: [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9]
1 commento