Gianfranco Amato, tra presunti hacker e processi di auto-beatificazione: «Io sono coraggioso, ho fegato, sono audace, sono fiero...»
Stupidi noi a pensare che per formulare un'accusa servano prove. Gianfranco Amato ci informa che nel suo mondo è sufficiente odiare qualcuno per poter lanciare accuse e creare illazioni. L'altro deve essere condannato sulla base delle proprie fantasie più perverse, soprattutto quando le sue sentenze servono a invitare i propri proseliti a ricorrette alla violenza fisica contro quei gay che da anni sono vittima della sua costante persecuzione.
Questa volta l'aspirante politico se n'è uscito dicendo che i gay avrebbero hackerato il suo sito, quasi come se a qualcuno possa fregare qualcosa di lui. In un articolo intitolato "Cari i miei codardelli!", è con sprezzante disprezzo che l'ultraintegralista afferma:
Deve dare veramente fastidio questa Silvana De Mari. Ieri sera, alle 20.21, un'ora e mezza dopo aver pubblicato l’articolo intitolato “Stiamo in piedi al fianco di Silvana!“, il mio sito ufficiale ha subito un pesantissimo attacco hacker, definito in termine tecnico con la sigla DOS (denial of service). In particolare si è trattato di un D-DOS (distributed denial of service), un attacco perpetrato usando circa 500 diversi indirizzi IP, tutti localizzati, in Italia, i quali producevano richieste di accesso al sito ogni secondo, in modo da eccedere in maniera significativa il limite imposto dal server.
Il sito è rimasto bloccato per circa quattro ore, fino a quando non è stato possibile arrestare definitivamente tutti i tentativi di accesso al sito da parte degli indirizzi IP incriminati.
Nello stile di Amato, tutto viene presentato come una verità rivelata. Lui ha sempre ragione perché lui è migliore degli altri. Peccato che paia difficile credere che il suo sitarello (in realtà registrato a nome di suo fratello) possa avere un server dedicato e non sia ospitato su una piattaforma condivisa che renderebbe difficile comprendere chi sia vittima di un attacco.
Ma le incongruenze non si chiudono certo qui dato che dal suo stesso sito risulta che l'articolo in questione sia stato pubblicato alle 16:26:25 di ieri e che quindi non tornino i riferimenti temporali. Silvana De Mari l'aveva pubblicato addirittura il giorno precedente, quindi quell'attacco non avrebbe senso (sempre che sia reale).
Se però si considera come l'articolo in questione sia stato offensivamente classificato nella categoria "gaystapo", facile è osservare come ogni singola mossa dell'integralista paira orientata ad alimentare odio e paura contro quelle persone a cui lui vorrebbe togliere il diritto alla vita. A voler pensar male, si ha l'impressione che Amato voglia creare una consequenzialità tutt'altro che provata in virtù della sua convenienza.
L'articolo pubblicato da Amato prosegue con il tentativo di sfruttare quel labile pretesto per immolarsi martire della promozione omofoba e difensore dell'odio contro ogni minoranza:
Che gli hacker avessero preso di mira il mio sito era già stato ampiamente preventivato. Troppo scomodo. Fin dal suo esordio, infatti, si era presentato come «una postazione di resistenza», «una voce libera e controcorrente in difesa della Verità, un coraggioso spazio per la libertà di opinione, una fonte di notizie non manipolata dal potere, un mezzo di conoscenza della realtà alternativo alla propaganda di regime, una postazione di resistenza contro l’attuale dittatura del Pensiero Unico».
Gli hacker devono aver identificato l’articolo sulla dottoressa De Mari come la migliore occasione per far scattare l’ora X dell’attacco.
A quel punto si passa agli insulti:
All’infame che nasconde il proprio volto dietro la comoda maschera dell’anonimato non riconosco neppure la dignità di nemico. Non merita neanche il sentimento di disprezzo il vigliacco che in maniera vile e proditoria colpisce alle spalle nascondendo vergognosamente la propria faccia.
Questi pusillanimi sicari di regime, questi meschini scherani del Potere, questi ignobili sgherri della dittatura del Pensiero Unico ieri hanno attaccato il mio sito cercando di spegnere una voce libera nell’attuale squallido panorama culturale, intellettuale, politico e morale del nostro sciagurato Paese. Hanno tentato, ma non ci sono riusciti.
Ebbene sappiano, costoro, che la mia voce non riusciranno mai e poi mai a spegnerla. Perché io ho quello che loro non hanno: il coraggio delle idee. Sì, io ho il fegato di proclamare pubblicamente quello in cui credo. Io ho la forza di firmarmi con il mio nome e il mio cognome. Io ho il sangue freddo di accettare qualunque confronto. Io ho l’audacia di guardare in faccia il mio nemico. Io ho la fierezza di combattere contro il Potere a viso aperto. Io non ho bisogno di nascondermi dietro lo schermo di un computer.
Insomma, lui si crede il migliore ed ama continuare a ripeterselo. Poi, riferendosi sempre a quei fantomatici "hacker gay" che lui teorizza abbino colpito il suo sitarello, Amato cerca di farsi bello davanti ai suoi proseliti dicendo:
Cari i miei codardelli, vi sfido formalmente ad un confronto pubblico. Scegliete voi il luogo, la data e l’ora. Fatemi vedere se siete capaci di formulare un pensiero compiuto in lingua italiana, se avete ancora sotto la scatola cranica qualche neurone, se possedete almeno la larva di un’idea, o se il cervello lo avete ormai definitivamente portato all’ammasso del Pensiero Unico.
Interessante sarebbe comprendere quale sarebbe la presunta autorità che porta Amato a sostenere che il mondo intero dovrebbe chiedere a lui il permesso di poter esistere e che le sue invettive debbano costringere il prossimo a dare spiegazione della loro vita. La sua teoria è che l'altro sia colpevole sino a prova contraria, anche se i diritti costituzionali prevedono che nessuno sia tenuto a rispondere della propria vita dinnanzi a qualunque fanatico si svegli un mattino e decida di proclamarsi "migliore" degli altri.
Poi, nonostante si sia dinnanzi ad un tizio che guida un partito virtuale che vive sul propinare insulti attraverso dei leoni da testiera che si nascondono dietro effigi sacre nel promuovere l'odio contro ogni minoranza, Amato pare non vergognarsi nello scrivere:
Fatemi vedere se riuscite ancora a balbettare qualche parola o se oramai siete capaci solo ad esprimervi col gesto meccanico di un click sulla tastiera.
A quegli hacker, invece, che pensano sia giusto colpire personaggi come il sottoscritto, Mario Adinolfi o Silvana De Mari, in nome dei cosiddetti diritti LGBT, della “tolleranza”, della “lotta alla discriminazione”, del principio “love is love”, vorrei dire che neanche la motivazione dell’ideale più alto rende queste azioni qualcosa di diverso da quello che sono: illegali, immorali e incivili. Non è certo zittendo il proprio avversario che si riesce a servire meglio la propria causa. Riflettete, codardi, riflettete! Se ancora vi resta un neurone per riflettere.
Insomma, tante parole, tanta rabbia e nessun elemento concreto in quello che sembra un gioco di ruolo in cui ci si inventa finte minacce per fingersi discriminati da chi non si lascia discriminare in silenzio. E tutto questo con la finalità di esaltarsi agli occhi del proseliti, quasi non bastasse il suo proporsi sui social network attraverso una "fan-page" di sé stesso.
A propristo, com'era quella cosa del vangelo di Luca? Gesù non diceva forse che chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato?