Provita dichiara: «È diffamatorio accostare qualcuno alle nostre attività»


Essere accostati all'operato di Provita Onlus è diffamazione. Lo dichiara la stessa organizzazione di estrema destra in un comunicato ufficiale.
Raccontando una storia smentita dal padre superiore della comunità religiosa in oggetto, l'organizzazione politica di Toni Brandi parla della conferenza “Gender: la follia arcobaleno a spese dei contribuenti” sostenendo che «inizialmente, l’incontro doveva tenersi a Milano, presso il PIME. Poi la sala è divenuta indisponibile, improvvisamente. Quindi l’incontro è stato spostato all’Euro Hotel della bella cittadina in provincia di Monza e Brianza».
Citando alcuni totalitarmi del secolo scorso ed omettendo dall'elenco quel fascismo che troppo spesso appare sin troppo vicino alla loro realtà, aggiunge:

I totalitarismi del secolo scorso (comunismo e nazismo) sono stati soppiantati da un nuovo totalitarismo, il “totalitarismo arcobaleno”: la cultura della morte si è incarnata nell’ideologia gender, nell’omosessualismo, nell’ipersessualismo. Le “classi sociali” marxiane sono state sostituite dagli orientamenti sessuali e i gender (generi), secondo il noto acronimo, che potrebbe essere di una lunghezza infinita LGBTQIA(…).
La dottoressa Silvana De Mari è una delle vittime di questa dittatura del pensiero unico che noi chiamiamo ironicamente “Gaystapo”.

Se quello che loro chiamano «ironicamente Gaystapo» è solitamente nota con il nome di scienza ufficiale, è nel tentativo di spergiure ulteriore odio che l'organizzazione di Toni Brandi aggiunge:

Anche in occasione di questo convegno, alcuni esponenti minori della suddetta “Gaystapo” si sono dati da fare nella loro opera diffamatoria, affermando che il PIME “sponsorizzava” l’ iniziativa.
Cosa totalmente falsa perché il PIME forniva solo la sala, dietro pagamento, come fa per tutti coloro che chiedono spazi all’interno della struttura (convegni, conferenze di lavoro, riunioni di condominio…). E lo fa senza ingiuste discriminazioni, come vorrebbero invece i professionisti della “antidiscriminazione”… Gli organizzatori, quindi, per evitare qualsiasi strumentalizzazione hanno pensati di usare una sede più neutra.

Se il sostenere che gli organizzatori «hanno pensati di usare una sede più neutra» è una un'affermazione che contraddice il loro sostenere che «la sala è improvvisamente divenuta indisponibile», assai più curioso è il loro sostenere che sarebbe stato diffamatorio asserire che il Pime appoggiasse la loro propaganda.
Il dizionario suggerisce che la diffamazione sia un «reato consistente nel danneggiamento dell'altrui reputazione o prestigio» e, tralasciando come la Costituzione preveda che a stabilire un reato debba essere un giudice e non certo un'organizzazione politica, se ne può concludere che Provita ci stia dicendo tranquillamente che essere accostati al loro operato sia un danneggiamento della reputazione.
Pare dunque si sia dinnanzi ad un'inaspettata sincerità da parte di quel gruppo omofobo che cercherà dichiaratamente di danneggiare la reputazione e il prestigio di chiunque non condivida il presunto orientamento sessuale del loro padrone.
E se il Pime dovesse veramente affittare le sue sale a chiunque «senza ingiuste discriminazioni», la teoria di Brandi ci porterebbe a dover pensare che non le potrebbero negare neppure chi chiede la legalizzazione della pedofilia sacerdotale o a chi ambisce a veder depenalizzato lo stupro. Tolta ogni moralità e sostenuto che tutto debba poter essere detto «senza ingiuste discriminazioni», non ci sarebbe limite all'odio che si potrebbe fomentare a danno della società.
1 commento