Belpietro elargisce condanne morali, ma un porno attore appare assai più rispettabile di chi diresse Libero


Pare difficile non provare un senso di disgusto dinnanzi all'ignobile titolo con cui Maurizio Belpietro ha cercato di calpestare qualunque deontologia professionale sulla dignità della persona attraverso un attacco a Ruggero Freddi. Per quanto si tratti di un personaggio ostentatamente strafottete che ci ha abituato ormai a qualunque bassezza, forse nessuno si sarebbe aspettato potesse cadere ancora più in basso attraverso la pubblicazione di una scena di un film per soli adulti accompagnata dal titolo "Nuovi insegnanti in cattedra all'Università La Sapienza. Quello di ingegneria è il secondo nella foto".
Al di là della falsa notizia (Freddi non sarà insegnante di ingegneria ma un tutor incaricato di gestire un ciclo di di lezioni di Analisi I nell'ambito del corsi di laurea in ingegneria clinica), a creare repulsione è quel becero tentativo di marchiare a fuoco le persone e sostenere che se qualcuno ha fatto l'attore pornografico allora non deve poter fare null'altro nella vita. Una prassi per un uomo che viene pagato per alimentare odio contro interi gruppi sociali, magari invitando la De Mari per spiegare che il buon cristiano deve volere la morte dei propri fratelli o spergiurando che gli immigrati siano la causa di ogni male.

Eppure la realtà dei fatti ci porterebbe a trarre contusioni assai diverse. Classe 1976, Ruggero si è laureato nel 2003 in ingegneria informatica presso La Sapienza. Nel 2004 inizia a lavorare come porno attore sotto lo pseudonimo di Carlo Masi. Lasciati i set nel 2013, consegue una seconda laurea triennale in matematica. Poi, nel 2016 consegue quella magistrale con 110 e lode ed ottenendo un dottorato di ricerca in matematica presso l’ateneo romano.
Maurizio Belpietro, classe 1958, non ha alcuna laurea. Ha lavorato come direttore di Libero e de Il Giornale con in mano la sua sola licenza liceale. È stato condannato in primo grado per diffamazione relativa al caso di Piergiorgio Welby, avendo paragonato il medico Mario Riccio ai «boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA. Nell'ottobre 2009 è stato indagato dalla Procura della Repubblica di Roma per vilipendio al Capo dello Stato per un articolo su Libero del 20 settembre 2009. Nel novembre 2009 Maurizio Belpietro è stato condannato per diffamazione in sede civile dal tribunale di Monza per un'intervista pubblicata da Il Giornale nel 2006 in cui Sandalo, nuovamente detenuto per attentati contro alcune moschee, accusò D'Elia dell'omicidio di una guardia giurata, in quanto, come stabilito dalla procura di Firenze, si trattava di notizie palesemente false e inventate ma presentate da Belpietro come fossero verità. Nell'aprile 2010 è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per diffamazione nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte, per un articolo del 2004 quando era ancora direttore de Il Giornale. Nel luglio 2011 la Procura di Milano lo ha iscritto nel registro degli indagati per vilipendio al Capo dello Stato a causa del titolo, apparso su Libero, Assedio ai papponi di stato e per via di una vignetta correlata in cui è rappresentato, tra gli altri, Giorgio Napolitano mentre impugna coltello e forchetta con l'evidente intenzione di cibarsi di una pizza a forma di Italia. Nel 2015 Belpietro e il collega Gianluigi Nuzzi vengono condannati entrambi a 10 mesi e 20 giorni per calunnia.

Date le premesse, pare difficile che Belpietro possa sentirsi nella condizione di decidere chi debba poter insegnare all'università, ancor più se si considera quali sono gli effetti delle loro relative scelte di vita. Se Carlo Masi avrà forse fatto perdere qualche diottria ad intere generazioni regalando loro un momento di svago nei momenti di solitudine, Belpietro ha condannato interi gruppi sociali a subire violenze quotidiane dettate dalla sua promozione dell'odio e del pregiudizio.
Insomma, se fingersi moralisti è molte semplice, ma i fatti parrebbero suggerirci che probabilmente la vita di Belpietro debba essere considerata fonte di maggior vergogna rispetto a chi ha scelto un lavoro onesto che non ha mai causato danno al prossimo.
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