Costanza Miriano non vuole la parità di genere: le femmine devono fare figli, non certo giocare a calcio








Costanza Miriano sostiene che le persone non abbiano caratteri o identità personali, sostenendo che la loro vita, le loro scelte e le loro attitudini sarebbero un diretta conseguenza dei loro organi genitali. Chi ha un pene avrebbe diritto ad una vita avventurosa, è legittimato all'aggressività e deve portarsi a letto quante più femmine gli riesca., Chi ha una vagina è chiamata alla sottomissione, alle rinunce e ad una vita indirizzata alla maternità quale fine imposto dalla società.
A riprova della sua teoria, la donna si lancia nel dispensare ai suoi proseliti una storiella che trasuda di sessismo e banalità, atta a sostenere che le femmine siano tutte altruiste e che i maschi siano tutti egoisti e burberi (definizioni che tra l'altro non spiegano perché mai lei poi voglia che le persone vagino-munite si «sottomettano» ad un maschio pene-munito). Su Facebook scrive:

Ho una figlia che è stata incaricata dal prof di disporre per un mese i compagni di classe nei banchi. Sono quasi tre giorni che si macera nella sofferenza: non sa se riesce ad accontentare tutti, e a far integrare i compagni meno inseriti, e lei ovviamente si è assegnata uno di questi.
E' decisamente una femmina.
Uno dei figli maschi avrebbe:
1) scelto il suo compagno preferito;
2) preso un banco in postazione media per non dare troppo nell'occhio (il più ambito è in fondo di lato, ma poi i prof si accorgono che non hai voglia di studiare);
3) messo i più bravi al primo banco, e per sicurezza uno davanti a sé, per confrontare le versioni di greco e latino alla bisogna;
ma soprattutto
4) se ne sarebbe fregato delle reazioni degli altri.
Che ne sanno i maschi del nostro mal di pancia?

Sostenuta che lei, quale femmina dotata di vagina, sarebbe dilaniata dall'interesse verso il prossimo mentre predica che i diritti delle minoranze sono inutili se ci si può concentrare sui privilegi di quella maggioranza in cui lei di identifica, la Miriano pare illustrarci l'unica vera ideologia gender, ossia quella follia che mira a sostenere che la vita della persone debba essere uniformata alla consuetudine di genere: se la donna ha sempre cucinato, allora sbaglia chi chiede una mano al marito. Se la donna veniva invitata a tacere dinnanzi alle violenze domestiche, allora bisogna dire alle ragazzine id tacere se un marchio le stupra o le massacra di botte. La sua tesi è che uomini e donne abbiano ruoli diversi perché il pene renderebbe violenti e l'utero imporrebbe la sottomissione al pene.
letto il racconto, ci sarebbe da domandarsi se un simile scenario non sia il tragico effetto del suo metodo educativo basato sull'indottrinare all'aggressività ai figli maschi. In fondo era proprio lei a raccontare tutta tronfia di portasse ad assistere agli incontri di pugilato o di come li spronasse a far la guerra e a brandire fucili giocattolo per imporsi sull'altro. Se poi il risultato è che i suoi figli vedono l'altro come un qualcosa di cui poter disporre e la femmina si senta sottomessa ai bisogni del maschio, questo potrebbe essere la semplice  conseguenza di ciò che lei ha inculcato loro.

Ma l'omofoba giornalista Rai non si è astenuta neppure dallo scagliarsi anche contro il concetto stesso di parità di genere. Invocando il suo presunto diritto alla sottomissione, inizia ad inveire contro Repubblica per la presenza di una fotografia che mostra una donna arbitro di calcio (ossia uno di quei mestieri che lei sostiene sia prerogativa dei soli pene-muniti). Scrive:

In bocca al lupo, Repubblica. Se per rilanciare le vendite del giornale in crisi lanci il tema dell'uguaglianza di genere farai come Renzi che ha puntato sulle unioni civili per dare lustro al governo.
Immagino inchieste a basso costo e minimo sforzo giornalistico che non intercettano i veri bisogni delle persone, così come la legge Cirinnà non ha risolto manco mezzo problema concreto di una persona in vera difficoltà, come hanno mostrato le urne elettorali.
Ci stiamo estinguendo, e questi continuano a parlare di diritti di genere.

Asserito che il diritto alla dignità delle famiglie gay non sua un «vero problema» dato che i gay se ne sarebbero potuti morire nei silenzio come quei siriani che lei odia con tutto il suo utero, fa sorridere che a scrivere simili attacchi sia proprio quella donna per cui la priorità unica ed ultima è quella di negare la cittadinanza ai bambini nati da genitori stranieri o vietare l'amore se non contempla una forma di sottomissione dettata dall'assenza o dalla compresenza del pene.
Interessante è come la parità di genere venga ribattezzata in «uguaglianza di genere» per poter sostenere che la si possa cassare semplicemente dicendo che i maschi non sono uguali alle femmine, sfruttando ancora una volta la demagogia e lla truffa ideologica quale terreno di conquista per imporre la sua visione sessista del mondo. Ma se nessuno le vieta di sottomettersi a chiunque lei voglia, non si può dire altrettanto quando la sua smania di inferiorità minaccia la vita altrui e tenta di distruggere qualunque forma di contrasto alla violenza di genere o alla prevenzione degli stupri.

Tutto ci porta a concludere che mentre la Miriano sbraita che quella femmina se ne sarebbe dovuta stare a casa a far figli e non certo in campo ad arbitrare, c'è da avere la pelle d'oca all'idea di come il suo movimento voglia entrare nelle scuole per indottrinare i bambini a quella perversa ideologia sessista. Un'ideologia che peraltro pare condivisa nella lobby integralista, dato che anche dai proclami dei vari Adinolfi e Gandolfini emerge costantemente la teorizzazione della vita umana come una razza finalizzata alla riproduzione. Sentimenti, amore o ambizioni devono essere cancellati perché nei grafici di Amato si dice che le donne islamiche producono più figli di quelle cattoliche e a loro servono miliziani da sacrificare in un'insana guerra di religione con cui rivendicare la loro presunta supremazia. Né più, né meno di quanto non sostenesse Hitler quando chiedeva la produzione di figli da sacrificare alla causa.

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