Tacchi a spillo. Quell'italico bigottismo che ha regalato una miniera d'oro agli Stati Uniti


America's Next Drag Queen è uno degli show più celebri della televisione statunitense. Si tratta di un reality, nato nel 2009, basato su una competizione tra alcune drag queen che vengono chiamate a mostrare le loro doti di intrattenimento e di stile.
Forse non tutti sanno che quel programma sarebbe potuto essere un prodotto italiano, se solo l'Italia non fosse un Paese tanto bigotto ed omofobo. È nel 2001 che su Italia 1 andò in onda Tacchi a spillo, un reality drag condotto da Michelle Hunziker e Claudio Lippi. L'obiettivo sarebbe dovuto essere quello di creare un torneo che portasse alla vittoria di una delle otto concorrenti in lizza per un montepremi di 60 milioni di lire. Ma la finalissima non si disputò mai perché il programma venne chiuso dopo sole tre puntate in seguito alle critiche del Codacons e ai feroci attacchi di Michele Bonatesta, ai tempi vicepresidente della Consulta per l'informazione di Alleanza Nazionale e membro della Commissione di Vigilanza della Rai.
Le prove erano valutate da cinque giudici, tra i quali figurava anche la drag queen RuPaul, oggi mentore e giudice di quella miniera d'oro che si è rivelato il programma statunitense. E chissà che il programma italiano non sia stato in un qualche modo d'ispirazione per la realizzazione di prodotto molto simile che ha già portato alla realizzazione di dieci edizione ed oltre 120 puntate.

Per comprendere il problema culturale presente in Italia basterebbe anche solo leggere l'articolo apparso il 2 ottobre 2001 su Repubblica, nel quale si parlava di drag queen in termini di «carnevale degli uomini travestiti». E poco fu il coraggio di una rete televisiva che si affrettò a raccontare ai giornali che i concorrenti erano tutti «rigorosamente eterosessuali» e che si sarebbe evitato qualunque riferimento alla «delicata sfera dell' ambiguità sessuale» per puntare sulla «goliardia». Insomma, una derisione decritta da articoli in cui si sosteneva che «mamme, papà, figli e soprattutto mogli, hanno visto i loro parenti trasformati da eccentriche paillette e tacchi vertiginosi»..

Ben peggiore fu l'attacco del Codacons, che il 31 ottobre 2001 pubblicò un comunicato di condanna del programma:

Molti telespettatori, assistendo al programma televisivo condotto da Claudio Lippi e Micelle Hunkinzer, provano l'impulso di togliersi la scarpa (anche se priva di tacco a spillo!) e tirarla in testa al conduttore, agli autori e ai partecipanti al programma. Ci riferiamo, ovviamente, alla trasmissione più trash del momento, "Tacchi a spillo", in onda il martedì alle ore 21 su Italia1. I protagonisti del programma sono uomini vogliosi di indossare spoglie femminili. Vestiti in modo imbarazzante ballano, cantano ed imitano le donne, e devono pure essere giudicati da una giuria. Come se non bastasse la stroncatura del popolo (numericamente ristretto) che li osserva da casa. Il programma non piace proprio agli utenti che hanno contattato l'Osservatorio per la qualità dei programmi tv del Codacons. Forse perché gli uomini che si travestono da donne non fanno più ridere nessuno. O forse perché il programma è congegnato davvero male.

La realtà è che non si osò andare oltre gli stereotipi, come ai tempi sottolineò un articolo apparso su Gay.it:

I travestiti sbarcano in Tv. Ma non illudetevi, non si tratta di un’apertura della televisione italiana nei confronti di una categoria tra le più nascoste e discriminate, ma solo un gioco che riguarda «tutte persone con una vita più che normale che per una sera sono pronti a scatenarsi per puro divertimento», come tengono a precisare gli autori. Stiamo parlando di "Tacchi a Spillo" il programma che partirà stasera su Italia 1, presentato da Claudio Lippi e Michelle Hunziker, con la regia di Beppe Recchia.
Il gioco costringerà queste "persone normali" a esibirsi in canti e balli, ma rigorosamente vestite da donna, per vincere la puntata e partecipare alla elezione finale di Miss Tacchi a Spillo 2001, e ricevere i sessanta milioni in palio.

Si ebbe dunque paura dell'uomo che non si mostrava predatore di femmine, ritenuta una minaccia a quell'italica virilità che sotto Mussolini portò al confino chiunque non fosse omologato ai suoi standard. Una selezione basata su un orientamento sessuale che doveva essere rigorosamente essere eterosessuale, unito all'incapacità di affrontare seriamente l'arte delle drag queen senza ritenere bisognasse deridere i partecipanti, hanno determinato il fallimento del progetto. Ed oggi quello stesso progetto viene acquistato dagli Stati Uniti solo perché loro hanno avuto meno pregiudizi nel confezionarlo e nel tramutarlo in un successo internazionale.
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