Dopo "la pacchia è finita", Salvini definisce "crociera" il dramma umanitario dell'Aquarius

Le parole hanno un preciso significato e nulla può essere considerato più devastante e scorretto del tentativo di alterare la percezione dei fatti attraverso un uso scorretto del linguaggio. Pare saperlo bene il vicepremier Matteo Salvini, sempre disposto a fornire definizioni alternative che siano più conformi alla sua propaganda: quando parla di migranti usa la parola «clandestini», gli islamici vengono definiti «terroristi» e l'omofobia viene chiamata «opinione».
In vesti istituzionali, Salvini ha definito «una pacchia» il dover abbandonare la propria casa in cerca di un futuro, spesso destinato a passare dallo sfruttamento di chi paga i braccianti pochi centesimi all'ora o di chi dovrà accontentarsi di lavori pesanti dato che qui i loro titoli di studio non hanno valore. Ma lui, gran agitatore di rosari dai palchi dei suoi comizi, giura che «è finita la pacchia» dato che tenterà di rendere ancor più difficili le loro vite.
Non solo. Dice anche che i rifigiati che l'Aquarius ha salvato dalle acque durante loro viaggio della speranza siano «in crociera». Dinnanzi a 111 bambini non accompagnati e 7 donne in gravidanza che dormono all'addiaccio, lui dichiara: «L'Aquarius andrà in Spagna, non può decidere dove finire la crociera».


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