Per la prima volta, il Vaticano usa l'acronimo «LGBT» all'interno di un documento ufficiale


Per la prima volta nella storia, il Vaticano ha utilizzato l'acronimo «LGBT» all'interno di un documento ufficiale. Sino ad oggi lo Stato Pontificio si è riferito ai gay parlando di «omosessuali» o «persone con tendenze omosessuali».
Il riferimento è contenuto in un Instrumentum laboris creato per il Sinodo dei vescovi che si a Roma ad ottobre, nel quale si afferma:

[...] alcuni esperti hanno fatto notare come il fenomeno migratorio possa divenire un’opportunità per un dialogo interculturale e per il rinnovamento di comunità cristiane a rischio di involuzione. Alcuni giovani LGBT, attraverso vari contributi giunti alla Segreteria del Sinodo, desiderano «beneficiare di una maggiore vicinanza» e sperimentare una maggiore cura da parte della Chiesa, mentre alcune CE si interrogano su che cosa proporre «ai giovani che invece di formare coppie eterosessuali decidono di costituire coppie omosessuali e, soprattutto, desiderano essere vicini alla Chiesa».

La notizia giunge a pochi giorni di distanza da quando il pontefice ha condannato l'esistenza stessa delle famiglia gay durante un incontro con le organizzazioni integraliste che erano gestite dal senatore leghista Simone Pillon, tra i più feroci personaggi anti-gay dell'attuale governo.
Quindi, per quanto la decisione di ricorrere ad un linguaggio inclusivo e non offensivo paia incoraggiante, difficile è credere che qualcosa potrà cambiare a breve.

D'altra parte sono ormai mesi che dal vaticano arrivano messaggi contrastanti: solamente il mese scorso Papa Francesco incontrò un gay sopravvissuto agli abusi sessuali di un importante sacerdote cileno dicendogli che «Dio ti ha fatto e ti ama così come sei», poi, dinnanzi ai proseliti di Pillon, ha dichiarato che nella Chiesa non c'è spazio per le famiglie gay dato che il fondamentalismo pretende una selezione basata sui giusti sessuali.
In quell'occasione il Papa ha anche elogiato le donne che non divorziano dai mariti infedeli, dicendo che devano sperare che prima o poi smettano di farlo.
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