Provita ci presenta il Fiani-pensiero: le minoranze non meritano protezioni perché lui non ci guadagna nulla

La lobby anti-gay ama fare quadrato attorno a qualunque iniziativa venga presa da uno dei suoi membri, motivo per cui se l'adinolfiniano Filippo Fiani presenta alcuni esposti-fuffa finalizzati alla propaganda, l'intera squadra di omofobi professionisti scende in pista al suo fianco.
Tra loro anche l'organizzazione fornnovista Provita onlus, capace di rasentare il ridicolo nel millantare un fantomatico danno che il signor Fiani avrebbe creato ai gay. Dalla fantasia della solita Teresa Moro ecco uscire un titolo tragicomico: "Il mondo Lgbt trema: 12 esposti sui patrocini ai Gay Pride".
Sinceramente non pare che i gay possano dirsi spaventati da un integralista che chiede finanziamenti pubblici finalizzati a sovvenzionare i suoi coiti mentre sbraita come un indemoniato che lui non tollera si possano finanziare manifestazioni a sostegno dei diritti civili di chi è vittima della sua demoniaca propaganda d'odio. Al massimo bisognare avere paura di una Magistratura che non l'ha ancora convocato in commissariato dopo che ha pubblicamente invitati i parenti dei gay a «frantumare la testa a randellate» a chi dovesse avere un orientamento sessuale non conforme ai distinguo promossi da padron Gandolini.

L'organizzazione Provita sostiene che probabilmente è Filippo Fiani ad aver convinto la Regione Toscana a non patrocinare il Pride, lodando come al suo fianco ci fosse quel solito senatore leghista Pillon che da mesi invitano a votare e a sostenere promettendo che lui farà del male alle vite e alle famiglie dei gay. E dopo l'introduzione partitica, si passa ad una surreale intervista a Filippo Fiani.
Il seguace di Adinolfi esordisce chiedendo che si abolisca la rete anti-discriminazione che si occupa di promuovere buone pratiche per la difesa degli adolescenti, rasentando la diffamazione nel suo asserire: «Quello che è successo è che questa nostra azione ci ha permesso di scoperchiare un pentolone ed è stata propedeutica per scoprire il legame indiretto che intercorre tra le amministrazioni e i Pride, che si concretizza tramite la Rete Ready. Le amministrazioni che ne fanno parte devono infatti dare conto del loro agire alle varie associazioni Lgbt e, anche solo questo, comporta dei costi che ricadono su tutti i contribuenti».
Sempre facendo leva su ipotetiche accuse che lui spaccia come verità rivelate, Fiani prosegue: «A questa intuizione siamo arrivati grazie e a una affermazione del governatore della Toscana Rossi, il quale ha dichiarato di non aver dato un euro al Pride, ma di aver finanziato la Rete Ready… e la cosa ci è risuonata molto rispetto al caso Unar-Anddos. In fondo, pensiamoci: perché ogni amministrazione che passa alla destra si stacca immediatamente dalla Rete Ready? Semplicemente perché si tratta di un modo legale di ricevere denaro per poi distribuirlo a pioggia ai vari enti Lgbt che non ne avrebbero mai avuto diritto».
Sostenuto che i gay debbano pagare i suoi privilegi mentre lui non vuole contribuire alla difesa dei diritti costituzionali altrui (per la serie: i gay restino perseguitati e i migranti muoiano in mare purché lui possa comprarsi il Rolex nuovo con i loro soldi), si passa a sostenere che i gay pride siano illegali.
Quel Fiani che attraversi la CitizienGo si fece patrocinare dal Comune di Arezzo la promozione del suo libro di propaganda omofoba, racconta: «Ad ogni modo è importante sottolineare che il nostro intento non era richiedere un risarcimento a nostro favore, quanto tentare di ri-sensibilizzare rispetto al valore del patrocinio, che non può andare a coprire iniziative che si presentato sotto certi aspetti anche contrarie alla legge italiana».
Preannunciando come anche lui si aspetti che nessuna procura darà seguito alle sue patetiche rivendicazioni, Fiani ammette il carattere ideologico della sua iniziativa: «Più che risultati giuridici vogliamo indagare e stuzzicare un sistema che si è autoprotetto e che si è sempre considerato intoccabile e che ora si trova un po’ il fianco scoperto agli attacchi che i cittadini possono compiere secondo le leggi dello Stato».


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