Alessandro Meluzzi dà del "coglio**e" al Papa perché antirazzista contro gli interessi dell'estrema destra


Sarà che Matteo Salvini ha fatto dell'insulto gratuito la pietra miliare della sua propaganda politica, ma quando Alessandro Meluzzi si permette di dare del cog**ne al Papa perché fedele al Vangelo e non al capitone che lecca i rosari davanti alle telecamere mentre punisce chi salva vite umane sgradite ai neofascisti, l'impressione è che la decenza sia stata ormai ampliamene calpestata.
Forse eccitato perché Giorgia Meloni l'ha citato dicendo che il suo partitucolo avrebbe ragione a cercare di fomentare isterie e paure parlando di «invasione» dato che Mieluzzo odia i migranti quanto lei, il primate della Chiesa Ortodossa in Italia se n'è uscito defecando:


Basta leggere i commenti per osservare che lo scopo di Mieluzzi è quello di far leva sul razzismo per attaccare il vaticano e sostenere che servirebbe un nuovo "cristianesimo padano" che sappia benedire chi dice che bisogna ignorare l'invito all'accoglienza predicato da Gesù, magari raccontandosi che il "prossimo" debba essere fisicamente vicino come sostiene il ministro leghista Fontana o sostenendo che i naufraghi debbano essere deportati in nome del sacro cuore di maria come ama dichiarare il ministro leghista Salvini.
nelle sue critiche, Meluzzi usa il termine "Ber-coglione" per definire ilk Papa e solo un idiota non capirebbe la volgarità insulta nel suo nomigliolo.

Peccato che gli insulti vomitati da Meluzzi (ovviamente lanciati in copia a Salvini e Meloni) sembrino rientrare in una specifica ipotesi di reato descritta nell’art. 8, secondo comma, della legge 27 maggio 1929, n. 810. Una norma un po’ vecchiotta ma mai abrogata che sancisce che “le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re“. Mutata la forma di Stato, la parolina “Re” è stata sostituita con “Presidente della Repubblica” (legge 11 novembre 1947, n. 1317). Sicché chi offende il papa incorre in un reato proprio, punito nelle forme previste dall’art. 278 del codice penale (da uno a cinque anni di reclusione).
Può piacere o non può piacere che l'Italia abbia leggi poco laiche, ma la norma tutela Papa Francesco nella sua qualità di “Sommo Pontefice”, ritenuto sacro ed inviolabile perché è il capo della Chiesa cattolica.
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