Ora chi lo dice ai leghisti che Salvini non è in lizza per il Nobel come richiesto dal suo ufficio di propaganda?


Chissà se ora dirà che lui sene frega, che lui tira dritto, ruspa, rosiconi, sacro cuore di Maria. Più o meno è quello il suo repertorio, con il «io sono papà» che al momento parrebbe riservato alle supercazzole con cui non risponde alle domande che riguardano il Russiangate e i progetti di Savoini volti a pagare i russi per dirottare i risparmi degli italiani nelle tasche del suo partito.
Fatto sta che la candidatura leghista di Matteo Salvini al Nobel per la pace non è stata presa in considerazione, nonostante i suoi proseliti sostenessero che il suo schierare navi militari contro chi salva vite umane, il suoi finanziamenti ai centri di tortura libici o il suo ricorso all'immunità per evitarsi un processo per sequestro di persona lo rendessero meritevole di quel riconoscimento:


Nel candeggiare la sua candidatura, il sito leghista Affari Italiani diceva che «la cura dimagrante di clandestinità», che Salvini millantava sarebbe bastata «a Salvini la medaglia come miglior Ministro degli Interni degli ultimi trent’anni». Peccato che i numeri del Viminale stesso raccontino che gli barchi non sono mai diminiuti, così come è molto semplicistico il loro sostenere che se si impedisce ai migranti di arrivare vivi in Italia e si vieta alle Ong di poter essere testimoni delle stragi in mare, l'assenza di testimoni ci legittimi a sostenere che non ci siano più morti.
E di certo non par e molto credibile che il benessere dei migranti sia l'interesse primario di un uomo che ha fatto soldi al grido di «stop invasione» esattamente come anni fa fece altri soldi sostenendo fosse corso una «invasione» di Milano da parte dei «terroni».
E forse anche Affari Italiani sa che l'elettore di Salvini non è interessato alla vita dei migranti, motivo per cui si affrettava a sostenere che impedire alle persone di colore di poter vivere nella legalità in Italia avrebbe significato «meno tensione sociale nei quartieri, meno spreco di denaro, meno business della droga, delle armi, e delle donne su strada». Eccetto, perché il migrante sarebbe spacciatore, delinquente o motivo di degrado per sua definizione. E guarda caso è esattamente quanto ama lasciar intendere quel leghista che si diverte come un matto a radere al suolo con le ruspe i rifugi dei meno fortunati, disinteressandosi a fine avrebbero fatto (sempre che non si sperasse di obbligarli a dormire su un marciapiede in modo da potergli poi sbraitare contro che portano degrado).
Non andava meglio neppure con i bambini, spesso presi di mira dagli insulti dei suoi proseliti perché troppo scuri e inadatti a portare voti recitando la parte del finto bimbo di Bibbiano sul palco di Pointida.

A proposito... sarebbe normale che un fantomatico «paciere» si presenti ai suoi proseliti sbraitando «siamo in guerra»?

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