Regione Lombardia non rende pubblici i dati sull'epidemia, sostenendo che la trasparenza sia un “intralcio”


Oltre a falsare i dati attraverso una politica che vieta di fare tamponi a chi non è ricoverato e a ricoverare solo chi è morente, Regione Lombardia si è rifiutata di fornire dati certi sull'epidemia con la scusa della “gestione dell’emergenza” che non gli avrebbe dato il tempo di aggregarli.
Nei giorni scorsi era fallito il tentativo leghista di far approvare un emendamento a firma di Matteo Salvini che avrebbe regalato impunità ai suoi dirigenti, il padano è intervenuto ad una trasmissione di Telelombardia dicendo che lui non vuole si perda tempo ad indagare sui suoi uomini: «Leggevo di un'indagine sull'Ospedale di Alzano Lombardo così come è stato a Codogno. Se posso fare un appello: non è il momento di mandare inchieste sugli ospedali lombardi, lasciamo che medici e dirigenti lavorino. Anzi onore a chi è in trincea, io più che un'inchiesta dei Nas o un fascicolo della procura avrei mandato medaglie». Ed è buffo pensi ai medici solo dopo aver cercato di scaricare la responsabilità di quei suoi dirigenti su cui non vuole si indaghi.
La regione a guida leghista non vuole fornire dati sui decessi negli ospedali e nelle RSA, sui contagi tra il personale sanitario (inclusi i medici di base), sui dispositivi di protezione distribuiti anche nelle RSA e i flussi registrati tra ospedali e residenze per anziani.

«Il rifiuto di fornire i dati richiesti è di estrema gravità per due motivi -spiega Vittorio Agnoletto, medico e conduttore della trasmissione ’37 e 2′ su Radio popolare- Innanzitutto perché la trasparenza, la fluidità e la chiarezza nelle comunicazioni tra le istituzioni non solo dovrebbe essere la regola in qualunque sistema democratico, ma è fondamentale in una situazione di emergenza sanitaria, nella quale la popolazione viene precipitata in una condizione di incertezza sul proprio presente e futuro ed ha l’assoluta necessità di poter stabilire una relazione di fiducia con le autorità istituzionali che gli chiedono sacrifici in nome di un bene collettivo, la difesa della salute pubblica. Se crolla la fiducia verso chi detta le regole ogni richiesta appare come un’imposizione arbitraria difficile da sopportare. Questa riflessione riguarda ovviamente il rapporto tra i cittadini e tutte le istituzioni tra le quali ci sono anche le ASL/ATS/ASST».
Il secondo motivo evidenziato da Agnoletto riguarda la «specifica importanza dei dati richiesti» perché «sono informazioni che dovrebbero essere già nella disponibilità dei dirigenti delle aziende sanitarie perché sono essenziali per poter pianificare gli interventi, e individuare le priorità. La risposta dei dirigenti aggiunge un ulteriore dubbio sull’effettiva preparazione e capacità del sistema sanitario (SSR) lombardo di affrontare l’attuale situazione. I segnali in questa direzione sono ormai numerosissimi dai più macroscopici ai più piccoli, tra questi cito il messaggio di un dirigente RSA che all’inizio di aprile all’alba mi ha chiesto se avessi qualche medico da indicargli per seguire la sua RSA perché i medici che collaboravano con la sua struttura erano in malattia e l’ATS non aveva ancor risposto alla sua richiesta urgente. Problemi drammatici di una quotidianità nella quale ognuno sembra abbandonato a se stesso da un SSR costruito per produrre profitti per i privati ma non per tutelare la salute di tutti i cittadini».
Commenti