Essere Transgender non med, tra spauracchi gender critical e mancanza di tutele


La definizione di "identità di genere" presente nella proposta di Legge Zan pone degli interrogativi.
"Per identità di genere si intende l'identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall'aver concluso un percorso di transizione".
È quest'ultima parte a lasciare degli interrogativi aperti, perché non è chiaro se per "percorso" si intende quello medicalizzato e se con "indipendentemente dall'aver concluso" si intende che deve essere almeno iniziato.
Si potrebbe dire tanto sui percorsi che, per varie ragioni, non rientrano nell'iter della legge 164 dell'82, perché il percorso canonico vorrebbero farlo, ma non lo hanno ancora intrapreso, o non possono per ragioni sociali (famiglia d'origine, posto di lavoro), o per ragioni di salute, ma non è a queste soggettività che vorrei dedicare il mio articolo.

Il percorso inizia con la presa di coscienza e col coming out
Alcune persone transgender non desiderano intraprendere il percorso medicalizzato. I motivi possono essere tanti, e non sono per forza connessi ai limiti tecnici che ne compromettono i risultati: alcune persone, semplicemente, hanno trovato un equilibrio senza ormoni e chirurgia, equilibrio che potrebbe durare anche per tutta la vita.
E' una forzatura far coincidere il concetto di percorso a qualcosa che ha a che fare col corpo, ma, come per le persone omo e bisessuali, anche la persona transgender affronta il momento della presa di coscienza e del coming out, e sono quelli i momenti che, spesso, le persone transgender paragonano ad una nuova nascita, anche nel caso in cui i cambiamenti fisici li desiderano.

Vita "non med", difficoltà di accesso al lavoro e alla sanità
L'accesso ad una visita medica è vissuto con angoscia, perché l'eventuale coming out come transgender è spesso ignorato, non essendo avvalorato da dati "sanitariamente rilevanti". La persona viene appellata con nome (deadnaming) e genere (misgendering) coerenti con i documenti, e queste esperienze portano la persona a sottrarsi dal "prendersi cura di sé", o, se se lo può permettere, a prediligere la sanità privata, spesso non più preparata a far sentire accolta la persona transgender non med.
L'accesso al lavoro è affrontato con preoccupazione, visto che non si può fare leva sul riconoscimento di un percorso canonico, né a precedenti. La persona, quindi, è sottoposta ai già citati deadnaming e misgendering da parte del recruiter, abituati a dare per scontato il genere della persona candidata.

Quando il tuo aspetto disturba e improvvisamente ti escludono senza motivo…
L'essere prive di un "diploma di transgender", non esistere nell'immaginario collettivo, non rende immuni (anzi, forse le espone di più) le persone non med dalla transfobia.
Spesso, essendo prive di "passing" (non vengono percepite come persone del genere d'elezione), a causa del mancato ricorso ad ormoni e chirurgia, hanno un aspetto ancora meno conforme e più "disturbante" agli occhi di chi vorrebbe che i corpi rispecchiassero le aspettative di genere.
E' una transfobia più strisciante, che non "osa dire il suo nome", e così, improvvisamente, la persona si ritrova esclusa da una pizzeria dove aveva prenotato, da un parrucchiere per donna o da un barbiere per uomo "perché i/le clienti si sono lamentati", o da un appartamento di cui pagava regolarmente il canone.
E si potrebbe anche pensare che non sia transfobia, se poi nei gruppi di autocoscienza non venisse fuori che casi simili sono capitati anche ad altre persone non med.
Chi, però, non può accedere a questi gruppi, potrebbe persino pensare di "essere il problema", di "meritarsi" le mille esclusioni, discriminazioni, il bullismo, il mobbing, e provare a togliersi la vita.

Lo spauracchio transfobico diffuso dal movimento Gender Critical tramite fake news
Alla transfobia, consapevole ed inconsapevole, dell' "uomo della strada", si aggiunge il continuo attacco che le persone transgender non med subiscono dal movimento Gender Critical, composto da reazionari, integralisti religiosi e da una piccola parte di sedicenti femministe, sta creando un terrorismo psicologico attorno alla soggettività non med.
Situazioni estreme, come quelle dello sport agonistico e della detenzione vengono usate come grimaldello per screditare le persone non med, tramite l'uso di fake news che colpiscono i lettori ignari "di pancia", creando uno spauracchio. Indagando, si scopre che questi fatti di cronaca, legati allo sport agonistico o alla detenzione, non hanno coinvolto persone "non med", quando non sono totalmente falsi, e comunque, lo sport agonistico e la detenzione hanno regolamenti interni che viaggiano in parallelo e indipendenti rispetto alla rettifica anagrafica.
Anche sul cambio documento delle persone non med, il movimento Gender Critical diffonde delle bufale, usando parole come "autocertificazione", quando, in realtà, analizzando i precedenti europei che hanno concesso il cambio documenti senza obbligo di medicalizzazione il processo è tutt'altro che un'autocertificazione.
Inoltre, il movimento Gender Critical mostra un'evidente contraddizione: insiste sulla contrarietà della medicalizzazione dei minori, ma poi attacca anche i "non med" adulti dicendo che non sono delle "vere" persone transgender, altrimenti ricorrerebbero ad ormoni e chirurgia: è sempre più evidente che, per il movimento Gender Critical l'unica persona transgender accettabile sia quella "detransitioner", che rinnega il suo percorso e decide di vivere da cisgender (non transgender).

La legge 164/82 non sembra poter includere i percorsi "non med", inclusi invece in molte realtà europee.
Mentre, in molte nazioni europee le persone non med possono avere un riconoscimento identitario nei propri documenti ("In Irlanda, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Belgio, Danimarca" - come segnala l'attivista LGBT Peter Herold), in Italia, le persone non med non vengono considerate persone transgender, ma uomini ordinari, se nate maschi, donne ordinarie, se nati femmine.
"La Legge 14 aprile 1982, n. 164 non prevede esplicitamente la necessità di sottoporsi a interventi chirurgici di riassegnazione, – come spiega Laura Caruso, una delle attiviste fondatrici di Acet (Associazione per la Cultura e l'Etica Transgender) – ma nel corso degli anni la giurisprudenza ha consolidato una prassi che li ha, di fatto, imposti. Si è dovuto attendere la sentenza 221/2015 della Corte Costituzionale, pubblicata il 5 novembre 2015, che ha stabilito che l'assenza di un riferimento testuale alle modalità (chirurgiche, ormonali, ovvero conseguenti ad una situazione congenita), attraverso le quali si realizzi la modificazione, porta ad escludere la necessità, ai fini dell'accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico, il quale costituisce solo una delle possibili tecniche per realizzare l'adeguamento dei caratteri sessuali".
Per queste ragioni, la condizione non med è esclusa dall'applicazione della Legge 164/82, che nell'interpretazione prevalente si riferisce ai percorsi medicalizzati.
Rendere più nota l'opzione "non med", affinché i giovanissimi possano scegliere, sarebbe importante, e viene fatto da alcuni attivisti, ma che senso ha proporre un'opzione che attualmente non gode di nessun riconoscimento?

Riconoscere i percorsi non med, per una cittadinanza d'esistenza
Liberarsi di un nome anagrafico che umilia e mette a disagio contribuirebbe a rendere dignitose e confortevoli le vite delle persone non med, a far sì che si propongano serenamente nel mondo del lavoro, e prima ancora possano affrontare serenamente gli studi, oltre che poter prendersi cura della propria salute senza angosce.
Qualcuno pensa che senza il "passing" un documento coerente con l'identità della persona sia inutile, ma non va ignorato il contributo sociale che questa possibilità darebbe, oltre a quello personale sulla vita stessa della persona.
La legge Cirinnà ha fatto entrare nell'immaginario collettivo la coppia omosessuale, migliorando la situazione anche di molte persone gay non unite civilmente, o non in coppia.
Una soggettività inizia ad essere inclusa anche dalle persone meno aperte quando, tramite un riconoscimento legale, diventa "ordinaria".

Nathan Bonnì - Progetto Genderqueer

_________
Nathan Bonnì fu fondatore, nel 2009, del Progetto Genderqueer, dedicato ai percorsi transgender non medicalizzati. Presidente del Circolo Culturale Harvey Milk dal 2010 al 2018, Presidente Onorario del Circolo Culturale TBIGL Alessandro Rizzo Lari dal 2018, e co-fondatore della rivista Il Simposio. Partecipa a progetti di Diversity&Inclusion nelle aziende, e scrive per varie riviste online e non: Pride Magazine, Orione, Fatto Quotidiano Blog, Neg.Zone, ValigiaBlu.
Commenti