Adinolfi ribadisce che lui e a Borgonovo apprezzano il reality anti-gay russo condotto dal politico che voleva sterilizzare le persone lgbt


L'integralista Mario Adinolfi continua a fare la vittima, urlando che il contrasto alla sua istigazione all'odio sarebbe censura. Ancora eccitato per il suo essere andato in televisione a urlare che l'omosessualità sarebbe «un peccato» e che dunque sarebbe da ritenere ingiusta una legge che possa punire chi commette reati d'odio dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere delle vittime, sui social torna a dirsi eccitato dall'osceno reality russo in cui bisogna dare la caccia al gay e si vincono soldo se lo si denuncia.



Ci vuole un'enorme disonestà intellettuale per sostenere che un simile reality sia stato pensato allo scopo di «disinnescare l'omofobia» visto che a condurlo è un politico che voleva «sterilizzare» i gay. Ma dato che Adinolfi difende a spada tratta tutto ciò che è russo ed omofobo, si è inventato quella bugia e l'ha resa parte integrante della sua propaganda, spergiurandola come continua a spergiurate tutte le altre bugie che si è inventato contro i gay.
La sua tesi è che per combattere l'omofobia si dovrebbe mostrare omofobia in televisione. Quindi, dato che lui sostiene l'esistenza di una fantomatica «cristianofobia», immaginiamo che proporrà un bel reality show in cui sedicenti cristiani del suo partito verranno messi in un'arena piena di leoni e vincerà chi non viene divorato. Oppure potrebbe occuparsi della pedofilia della chiesa proponendo un reality in cui lui faccia irridere chi ha subito insulti facendo vincere il prete che ha stuprato bambini senza farsi beccare. Tanto lui dice che irridere le vittimi serva a disinnescare l'odio, forse spiegandoci che il suo essere grottesco nella sua crociata contro i vaccini era tutta una sua idea per convincere gli italiani a vaccinarsi dopo aver visto che lui voleva fare il no-vax.

Nel suo dire sempre le stese cose, tira in ballo fantomatiche pure le solite fantomatiche «lobby gay» , sostenendo che i poveri omofobi ne siano vittima. E dice pure che lui vede «politicamente corretto in salsa gender» nel principio di non-discriminazione della nostra costituzione, girando un gay che chiede di potersi sposare come lui ha fatto due volte o che chiede di non essere aggredito per strada sarebbe «un prepotente».


L'intera polemica è basata sul fatto che un ospite abbia chiesto a Del Debbio di far tacere quel tizio che la interrompeva in continuazione. E se Adinolfi rivendica la sua maleducazione, non dice che lui si è messo ad urlare istericamente «Ora parlo io» quando qualcuno ha commentato il suo sostenere che l'omosessualità sia un grave peccato. Eppure sarebbe stato doveroso notare che il Catechismo da lui usato come strumento di incitamento all'odio definisce in modo ben più grave il suo divorzio, per non parlare delle righe che lo definisca un adultero in virtù dei rapporti carnali che intrattiene con la sua seconda moglie.
E non è censura contestare chi vuole usare il Catechismo come se fosse un proiettile da sparare contro il pubblico gay nella noncuranza di come prima o poi ci sarà un qualche ragazzino che verrà istigati al suicidio dai pervertiti istigati da Adinofli all'omofobia. La censura prevede un divieto alle idee, non un doveroso argine alle idiozie ee alle stupidaggine dette solo perché lui con l'omofobia ci fa i soldi.
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