Anche le Iene si occupano del caso Pillon e della sua monetizzazione della paura


Simone Pillon e altri ex senatori leghisti hanno trovato un modo per estorcere denaro a chi trovava osceno il loro divertirsi a insultare, offendere e diffamare gay e stranieri. E così, grazie alle centinaia di provocazioni e offese gratuite che hanno vomitare sui social mentre si intascavano cospicui stipendi pubblici, sono andati a ripescare i commenti più accesi per inviare lettere in cui chiedevano dai 6mila ai 20mila euro come "risarcimento" alla loro presunta "reputazione illibata", ovviamente senza passare dall'autorità giudiziaria e dall'alta probabilità di veder archiviate le loro denunce. Ed è solo per paura che tra gli oltre mille destinatari delle sue missive, c'è chi paga o chi sta ratealizzando i pagamenti sulla propria pensione per elargirgli ulteriore denaro anche in casi in cui i giudici avrebbero potuto osservare la prescrizione o una reazione legittimata dalla provocazione.
Insomma, Pillon potrebbe incassare tantissimi soldi da sommare a quelli che Gandolfini gli ha fatto intascare per favorire i crimini d'odio a nome dei neocatecumenali e dopo che Mosca pare gli avesse affidato il compito di distribuire all'ultra-destra europea i fondi neri del Cremlino (tema su cui è stata la prescrizione ad aver portato al mancato giudizio).

A raccontare la vicenda della fabbrica di querele messa in piedi da Pillon è stata anche Roberta Rei delle Iene, la quale spiega come l'ex senatore leghisti rischi ora una denuncia per estorsione data la modalità e la natura delle lettere minatorie da lui emesse.
Nel suo servizio, la Rei ha spiegato come Pillon abbia ingiunto richieste danni riconducibili a tre o quattro post essenziali nella stori apolitica di quei leghisti in quanto «post estremamente urticanti». Ossia il post cui Pillon ha commentato la caduta del ddl Zan sull'omostransfobia scrivendo "ciao ciao Zan", quello dell'onorevole Golinelli che irride un cinghiale da lui ammazzato e quello in cui il leghista Lucidi annuncia il caso di casacca. Tutti di qualche anno fa:



Per ottenere il risarcimenti, i tre leghisti dicono di essersi accorti solo ora di quei commenti, elidendo così l'evidente scadenza dei termini per presentare denuncia penale. Ed è proprio quella minaccia a spaventare chi ha pagato, il quale si è visto a dover pagare avvocati e correre il rischio di ritrovarsi con la fedina penale sporca. Per mesi e mesi, alcuni pensionati e casalinghe hanno sofferto di insonnia e di altri disturbi a causa delle minacce del leghista, tra cui un anziano di 70 anni che ha chiamato lo studio legale dicendo di non avere che pagare e si è sentito dire dall'avvocato che aveva parlato con il senatore che non accettava meno di mille e cinquecento euro e che invitava a pagare a rate. E quel signore ha pagato.

Alcune querele sono arrivate alle persone sbagliate. Ad esempio, una maestra di scuola elementare è stata denunciata perché l'avvocato pare non aver capito che il termine era riferito all'assassino di un extracomunitario e non al leghista Marchetti.
Il problema delle lettere è il fatto che le missive inviate dai leghisti mirino a far credere alle loro vittime che non esista altra alternativa se non quella di pagare, perché scritte come se fossero un procedimento giudiziario e non la lettera di un avvocato. Perché è il giudice che decide quale multa assegnare, non Pillon a decidere quanti soldi vuole sulla base di presunte diffamazioni che la procura avrebbe probabilmente archiviato.
Ed è questo il motivo per cui alcuni avvocati ritengano che Pillon non voglia difendere il suo onore, ma abbia ideato una spregiudicata azione finalizzata a raccogliere denaro. Da qui la denuncia di Pillon per estorsione.



Pillon, tristemente noto per le sue offese gratuite alle persone trans e alle vittime di odio, se n'è uscito dicendo che «una persona può commentare anche in modo deciso, ma se si arriva a insultare i miei familiari e i misi figli, io penso che sia mio diritto e mio dovere rispondere».
Peccato che Pillon abbia dispensato innumerevoli insulti ai figli e alle famiglie dei gay, senza mai correre rischi dato che la diffamazione rivolta genericamente contro interi gruppi sociali non è querelabile. E forse avrebbe ragione se parlasse di denunce sottoposte alla magistratura, non certamente se si mandano lettere per chiedere soldi.
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